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Molto più difficile ora per gli agenti e rappresentanti di commercio ottenere l’indennità meritocratica prevista in caso di cessazione del rapporto di lavoro

Molto più difficile ora per gli agenti e rappresentanti di commercio ottenere l’indennità meritocratica prevista in caso di cessazione del rapporto di lavoro

A cura di Mariapaola Rovetta

 

E’ stata ora resa piu’ difficile la vita per gli agenti e rappresentanti di commercio desiderosi di rivendicare pretese creditorie nei confronti della Societa’ preponente al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

In particolare, riguardo l’indennita’ meritocratica ex art. 1751 cod. civ., oltre ad essere dovuta solo nel caso in cui l’importo complessivo dell’indennita’ di risoluzione del rapporto di lavoro e l’indennita’ supplettiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dal comma 3 della medesima norma codicistica, e’ ormai consolidato l’indirizzo dei Giudici di merito, sia di primo grado, sia d’Appello, secondo cui è chiesto un onere della prova a carico dell’agente estremamente rigoroso.

La norma, come è noto, prevede che per ottenere l’indennita’ meritocratica e’ necessario che l’agente dimostri la sussistenza di tutti i presupposti richiesti, che sono “l’aver procurato nuovi clienti o sensibilmente sviluppato gli affari con quelli esistenti” e che la Societa’ preponente “continui a ricevere vantaggi derivanti dagli affari conclusi dall’agente, anche dopo la cessazione del rapporto”.

La dimostrazione della sussistenza dei suddetti presupposti da parte dell’agente non può essere approssimativa, ma deve avvenire attraverso le deposizioni di testimoni in grado di confermare circostanze puntuali e specifiche dedotte dall’agente ed attraverso la produzione di documenti idonei a dimostrare i vantaggi economici a favore della Societa’, anche in relazione alle provvigioni maturate in tutto il corso di durata del rapporto, onde consentire al Giudice di esprimere il proprio giudizio secondo equità.

Lo scopo dell’indennita’ in questione, infatti, e’ quello di remunerare l’attivita’ dell’agente che ha determinato per la preponente un plusvalore rispetto a quella che era la situazione economica di quest’ultima prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro con l’agente. L’agente, dunque, ha incrementato il volume d’affari dell’azienda e, successivamente alla cessazione del rapporto, questa continuera’ a godere dei vantaggi economici derivanti dagli affari conclusi dall’agente.

Ma la prova a carico dell’agente dev’essere rigorosa, in quanto deve avvenire attraverso l’indicazione dei nominativi dei singoli clienti dell’azienda, preesistenti all’instaurazione del rapporto, e di quelli procurati ex novo dall’agente alla preponente nel corso del rapporto, grazie ai quali si è verificato l’incremento del giro d’affari.

Il numero dei clienti, dunque, deve essere aumentato grazie solo ed esclusivamente all’attivita’ dell’agente, ovvero quelli preesistenti devono avere aumentato i loro acquisti in virtu’ solo ed esclusivamente dei rapporti intrattenuti con l’agente.

Un generico aumento del fatturato non e’ sufficiente, trattandosi di dato che potrebbe coincidere anche solo con un’ improvvisa crescita dell’economia.

Da ultimo, si ribadisce, è onere dell’agente dimostrare che l’azienda continua a godere dei vantaggi economici di cui sopra anche successivamente alla cessazione del rapporto.

Nel caso in cui l’agente non sia in grado di assolvere all’onere della prova a suo carico, sara’ pur sempre suo diritto il riconoscimento dell’indennita’ di risoluzione del rapporto prevista dall’AEC di settore, in quanto norma piu’ favorevole per l’agente, prescindendo dall’allegazione degli elementi di prova.

 

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