La violazione di un accordo sindacale, ove è prevista una clausola “di assorbimento”, non costituisce, di per sé, attività antisindacale, essendo sempre necessaria un’effettiva lesione dei diritti sindacali. Il ricorso ex art. 28 L. n. 300/70 non può essere utilizzato per la tutela di qualsiasi interesse, né per salvaguardare asseriti diritti individuali dei lavoratori.
La “sentenza del mese” di ottobre è un decreto, emesso nell’ambito di un procedimento ex art. 28 St. Lav., che ha affrontato la rilevante questione della pretesa natura antisindacale della violazione delle clausole “di assorbimento” inserite in un accordo sindacale.
(Tribunale di Trieste – decreto 29 settembre 2017)
Causa seguita da Giacinto Favalli e Anna Maria Corna
Con il decreto in commento, il Tribunale di Trieste, superate alcune eccezioni preliminari, ha rigettato il ricorso ex art. 28 Statuto dei Lavoratori promosso da un’organizzazione sindacale che lamentava la pretesa violazione di un accordo sottoscritto nell’ambito della procedura ex art. 47 L. n. 428/1990: accordo in cui era previsto l’obbligo di assumere taluni lavoratori, già alle dipendenze di altra azienda, di cui era stato acquisito un ramo (cd. clausola sociale “di assorbimento”).
Il decreto, aderendo alle deduzioni della società resistente, ha evidenziato che l’art. 47 cit. si limita a prevedere che costituisce condotta sanzionabile ex art. 28 Stat. Lav. la violazione dei doveri di informativa e di consultazione, ma nulla dispone circa la eventuale violazione degli accordi poi raggiunti. Inoltre, è stata esclusa la sussistenza di attività antisindacale, in carenza di qualsiasi comportamento lesivo dell’attività e della immagine della OO.SS.. L’eventuale violazione di un accordo sindacale non poteva, di per sé, essere ritenuta un comportamento antisindacale e, peraltro, nel caso di specie, neppure poteva ritenersi sussistente un inadempimento, avendo l’azienda addotto oggettivi motivi per cui non aveva assunto alcuni dei lavoratori.
Il decreto ha aderito all’orientamento già espresso da una recentissima sentenza della Suprema Corte (Cass. Sez. Lav. n. 21063/2017) la quale, oltre ad aver dato rilevanza all’elemento soggettivo, ha sottolineato la necessità della prova di un’effettiva lesione dei diritti sindacali.