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Il punto su: diritto alla privacy e tutela della trasparenza nelle società quotate

Il punto su: diritto alla privacy e tutela della trasparenza nelle società quotate

A cura di Vittorio Provera

Il tema inerente l’individuazione di un corretto equilibrio tra il diritto alla tutela della vita privata nonché dei dati personali e, dall’altra, il diritto alla massima trasparenza nelle attività correlate a operazioni che coinvolgono le società di capitali quotate (le quali sono sottoposte peraltro a una specifica disciplina normativa) è sempre più attuale. Ciò anche in considerazione degli obblighi di pubblicità imposti anche a livello europeo, nonché dello sviluppo dei sistemi internet di comunicazione e diffusione dati, che determinano una pressoché immediata e amplissima condivisione delle notizie.

Su questo argomento si inserisce la decisione del Tribunale di Torino, Sezione IV Civile, del 12 giugno 2017 che si è occupata di un caso, non certo isolato, di contemperamento dei citati interessi.

La vertenza era promossa da un ex amministratore indipendente di una società per azioni quotata, operante nel settore delle assicurazioni. Questi lamentava di aver appreso, attraverso la lettura di notizie pubblicate sui principali quotidiani, che il proprio nome risultava inserito tra i destinatari di un’azione di responsabilità per un ingente valore, richiesta dal Commissario ad acta della Compagnia di Assicurazioni di cui era stato membro del Consiglio di Amministrazione.

Rilevava altresì che, nel sito internet della Compagnia, era stata pubblicata una dettagliata relazione del predetto Commissario, avente a oggetto l’attività degli Organi di Amministrazione e Controllo dell’Azienda, nelle cui pagine conclusive appariva il nome dell’attore fra i possibili destinatari dell’azione sociale di responsabilità. E ancora, il nominativo era inserito (sempre come destinatario dell’azione di responsabilità) anche sull’avviso di convocazione di assemblea per la delibera della relativa azione, nonché nell’ambito del verbale che riportava la determinazione assembleare di autorizzazione all’ azione. Tutti i documenti erano stati pubblicati sul sito internet della società e, quindi, largamente ripresi e diffusi dagli organi di stampa.

In conseguenza delle circostanze sopra riportate e del risalto mediatico che le stesse avevano determinato, il manager argomentava di aver perso opportunità professionali anche relative a incarichi societari, di essere stato costretto a lasciarne altri parimenti importanti, nonché di aver subito una lesione nell’onore e nella reputazione, con pregiudizio anche dell’integrità psicofisica.

Per tali ragioni era citato in giudizio il Commissario ad acta, nominato all’epoca dall’ISVAP per provvedere a una serie di atti ritenuti dall’Autorità di Vigilanza necessari per rendere conforme a legge la gestione della Compagnia di Assicurazione e delle Società Controllate, autore della citata relazione. Nei suoi confronti veniva formulata richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali e non patiti dall’attore per i fatti descritti.

Il convenuto contestava le rivendicazioni dell’ex amministratore affermando, innanzitutto, di aver agito nell’ambito delle funzioni che erano state affidate dall’ISVAP, fra le quali l’individuazione dei soggetti responsabili per operazioni compiute in danno della Compagnia di Assicurazione, con il conseguente avvio di ogni iniziativa necessaria per salvaguardare l’integrità del patrimonio sociale. Inoltre asseriva che - sulla base della relazione svolta - il Consiglio di Amministrazione, nell’esercizio delle proprie funzioni, aveva semplicemente predisposto la convocazione dell’Assemblea e -  in ottemperanza della previsione di cui all’art. 125 ter del Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria (T.U.I.F.), nonché dello Statuto della Compagnia -  aveva provveduto a effettuare le pubblicazioni imposte dalla normativa, pubblicazioni avvenute sul sito internet della Società. Successivamente, sempre in adempimento di prescrizioni di legge e, su disposizione del C.d.A., era stata pubblicata, con le stesse modalità, la delibera assembleare riguardante l’avvio dell’azione di responsabilità.

Conseguentemente, nessuna condotta illecita poteva ascriversi al Commissario ad acta.

A fronte di quanto precede, il Tribunale ha innanzitutto effettuato una disamina della posizione del convenuto, rilevando che il medesimo aveva operato nell’ambito delle funzioni, anche di natura pubblicistica, conferite dall’Autorità di Vigilanza. In tale contesto è stato ritenuto legittimo che, all’esito di accertamenti svolti in adempimento dell’incarico, nonché in virtù dei poteri attribuiti, detto Commissario avesse chiesto la convocazione dell’Assemblea per deliberare sull’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti di alcuni ex amministratori e sindaci. Alla richiesta era seguita la delibera del Consiglio di Amministrazione, che disponeva la convocazione della stessa Assemblea, con obbligo di pubblicazione sul sito internet. Su questo particolare aspetto, il Tribunale ha aderito alla tesi della parte convenuta secondo cui la pubblicazione anche della relazione rispondeva agli adempimenti normativi del T.U.I.F. Si ricorda che l’art. 125 ter dispone, fra gli altri, che “ ….l’organo di amministrazione entro il termine di pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea previsto in ragione di ciascuna delle materie all’ordine del giorno, mette a disposizione del pubblico presso la sede sociale, sul sito internet della società……una relazione su ciascuna delle materie all’ordine del giorno…….”. Lo stesso articolo impone altresì di rendere disponibile il successivo verbale dell’assemblea sul sito internet della Società e anche tale adempimento era stato disposto dall’organo di amministrazione nel caso in esame, relativamente alla delibera sull’azione di responsabilità.

Sotto altro profilo, non sono state ritenute rilevanti talune doglianze di parte attrice circa il contenuto della relazione che, a suo dire, avrebbe presentato delle inesattezze che non sarebbero state rettificate, nonostante le diffide inviate dall’ex Amministratore: inesattezze che avrebbero avuto un contenuto diffamatorio. Al riguardo il Tribunale ha escluso sia l’esistenza dell’elemento soggettivo della diffamazione (che richiede la dimostrazione di una volontà cosciente e libera di propagare notizie, con la consapevolezza di ledere l’altrui reputazione), che di quello oggettivo (posto che - con riferimento a eventuali inesattezze della relazione sulla condotta dell’ex Amministratore e conseguente eventuale infondatezza dell’azione di responsabilità - era pendente la causa avanti al Tribunale delle Imprese).

 

 

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