E il caso Weinstein entra in azienda. Le molestie secondo l’ISTAT. I rimedi
A cura di Salvatore Trifirò e Paolo Zucchinali
La vicenda Weinstein ha avuto vasta eco sui media, innescando discussioni, anche animate, sulla correttezza e tollerabilità di certi costumi in ambienti di spettacolo e di lavoro in genere, specie da parte di soggetti con ruoli di potere. In generale, si è acuita la sensibilità verso la campagna contro gli stereotipi e per la valorizzazione del lavoro femminile.
Ma la domanda è: cosa cambia nei luoghi di lavoro rispetto a prima? Sono vietati anche gli sguardi? Non può darsi inizio ad un flirt? E come incide tutto ciò con la parità dei sessi?
In America, da qualche mese, è in atto una corsa frenetica all’aggiornamento dei codici di condotta che già da anni le aziende avevano adottato. Infatti ora tutto è, o sembra, diverso.
L’Academy che assegna gli Oscar ha fatto ricorso ad “avvocati, professori di Etica e addirittura filosofi provenienti da … Stanford e Harvard” e in un comunicato ha dichiarato che si riserva di “allontanare qualsiasi associato incapace di comportarsi eticamente”.
Ma cosa vuol dire eticamente? Vanno vietate anche le battute, le barzellette, insomma tutto ciò che richiama il sesso? E, all’estremo del problema, non v’è il principio di specificità dell’illecito, la privacy e … la presunzione di innocenza che dovrebbero far da argine ai processi sommari e al massacro dei media?
Come si vede la questione è complessa, le leggi si intersecano, i problemi si sovrappongono e bisogna porvi rimedio.
Alle Nazioni Unite sono stati affissi enormi cartelli azzurri che spiegano cosa sia un abuso e cosa un commento inopportuno. Siamo ormai nel cuore del multiculturalismo e le aziende dovranno tener conto anche di questo profilo, ora che internet e la globalizzazione hanno universalizzato il mondo. Alcune aziende americane, in occasione di feste aziendali, hanno “deciso di legare al polso dei partecipanti un braccialetto magnetico che autorizza il consumo di non più di due cocktail a testa”. Eccessi di moralismo?
La preoccupazione delle aziende deriva anche dal fatto che, in caso di prescrizione del reato, le conseguenze risarcitorie possono essere fatte valere in sede civile. Ed ecco che la Procura dello Stato di New York ha citato in giudizio Harvey Weinstein, il fratello e la loro compagnia di produzione “per non avere protetto i dipendenti dalla condotta sessuale” dei capi “nonostante i molteplici reclami alle risorse umane”.
In discussione è anche la validità degli accordi di non divulgazione stretti con i dipendenti che lasciano le aziende. C’è chi propone di installare un numero verde o un sportello per raccogliere le denunce e chi propone di rendere pubbliche le denunce stesse. Alcune aziende italiane hanno istituito una “consigliera di fiducia” cui rivolgersi in casi di molestia. A completare il quadro va segnalata la recente introduzione nel nostro ordinamento, con riguardo alla pubblica amministrazione, del c.d. whistleblowing che potrebbe ampliare gli spazi di sicurezza negli ambienti di lavoro anche in temi come questo.
Infine, chiudiamo con i fatti e i numeri che li misurano: l’Istat ha diramato in questi giorni i dati sulle molestie che destano seria preoccupazione e riferiscono di una situazione in cui il numero delle molestie denunciate a carico delle donne è impressionante ma, sorprendentemente, anche gli uomini sono vittime (anche se in assai minor misura e per lo più di altri uomini).
In conclusione, occorre attivare le migliori competenze giuridiche specialistiche che solo l’esperienza sul campo, al di là dei discorsi teorici, può garantire: per aiutare le aziende a fissare nuove regole, conto tenuto della giurisprudenza formatasi sul tema. Solo così si può proteggere al meglio la comunità dell’impresa (datori di lavoro, lavoratrici e lavoratori) con regole di comportamento chiare, reciprocamente condivise che possano prevenire realmente i conflitti, favorendo così un cambio culturale, una crescita di risultati, di qualità del lavoro e, perché no, anche il vero amore.