×

T&P Magazine

Un ulteriore passo verso la parità di genere in ambito lavorativo: il congedo di paternità obbligatorio diventa strutturale

di Luca Peron

Il congedo di paternità rappresenta uno strumento fondamentale per promuovere la cultura della condivisione nella cura dei figli e nel favorire una piena uguaglianza di genere nella ripartizione dei ruoli genitoriali, contribuendo a sradicare, quantomeno a livello di principio, l’idea che sia sempre e solo la donna ad assentarsi dal posto di lavoro in seguito alla maternità.

In questo contesto si inserisce il recente Decreto Legislativo 30 giugno 2022 n. 105, recante attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori, che interessa anche il congedo di paternità obbligatorio.

Ricordiamo che tale congedo era stato previsto per la prima volta, in via sperimentale per il biennio 2013-2015, dalla legge 92/2012 (c.d. legge Fornero) ed aveva in origine una durata di un solo giorno. Negli anni successivi è stato via via prorogato, sempre in via sperimentale, dalle leggi di bilancio che si sono succedute e, in parallelo, la sua durata è stata progressivamente allungata. Soltanto con la legge di bilancio dell’anno 2022 il congedo di paternità obbligatorio è stato stabilizzato.

Infine, con il recente Decreto Legislativo 20 giugno 2022 n. 105 il congedo di paternità obbligatorio ha trovato una definitiva collocazione all’interno del Testo Unico sulla genitorialità (D. Lgs. 151/2002), sua naturale sedes materie, ed è stato parzialmente modificato nella disciplina.

Nel dettaglio, il citato Decreto Legislativo n. 105/2022 ha introdotto nel D. Lgs. 151/2022 (c.d. Testo Unico sulla genitorialità) l’art. 27bis, rubricato “congedo di paternità obbligatorio”, il quale stabilisce che “il padre, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa”.

Alla luce della disciplina attualmente vigente, il congedo di paternità obbligatorio:

  1. spetta per un periodo 10 giorni lavorativi;
  2. è raddoppiato a 20 giorni in caso di parto gemellare/plurimo;
  3. è fruibile da 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino a 5 mesi successivi alla nascita;
  4. non è frazionabile ad ore, ma può essere utilizzato anche in modo non continuativo;
  5. è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio, entro lo stesso arco temporale;
  6. si applica anche al padre adottivo o affidatario;
  7. può essere fruito anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice;
  8. è compatibile con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo previsto dall’art. 28 del D. Lgs. 151/2002, ovverosia con il congedo spettante al padre in alternativa al congedo di maternità in caso di morte, di grave infermità della madre, di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino al padre;
  9. dà diritto a un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione;

 

Per l’esercizio del diritto, il lavoratore padre comunica in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore a cinque giorni, fatte salve le condizioni di miglio favore eventualmente stabilite dalla contrattazione collettiva. La forma scritta può essere sostituita, ove presente, dal sistema informativo aziendale per la gestione delle presenze.

L’introduzione strutturale del congedo di paternità obbligatorio nel corpo del D. Lgs. 151/2001 (Testo Unico sulla genitorialità) ha importanti implicazioni giuridiche anche sul piano delle tutele previste in caso di licenziamento e dimissioni del padre lavoratore.

Il novellato comma 7 dell’art. 54 del citato D. Lgs. 151/2001 prevede, infatti, che in caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio di cui all’art. 27bis (che in quanto obbligatorio dovrà essere fruito da tutti i futuri padri lavoratori), trova applicazione il divieto di licenziamento disciplinato da primi quattro commi del medesimo articolo, originariamente previsto per sole lavoratrici madri.

Pertanto, per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino, il padre lavoratore non potrà essere licenziato, salvo nel caso di: i) giusta causa; ii) cessazione dell’attività dell’azienda; scadenza del contratto a termine; iii) esito negativo della prova (art. 54, comma 3, D. Lgs. 151/2001).

Durante il medesimo periodo (godimento del congedo e fino ad un anno di età del bambino), il padre lavoratore non può essere sospeso dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui esso è addetto, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale, né può essere collocato in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1001, n. 223, e successive modificazioni, salva l’ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell’attività dell’azienda (art. 54, comma 4, D. Lgs. n. 151/2001).

Ricordiamo inoltre che, per effetto del rinvio contenuto nel comma 2 dell’art. 55 del D. Lgs. 151/2001, al padre lavoratore che abbia fruito del congedo di paternità obbligatorio (anche in questo caso, pertanto, vale la considerazione per cui, stante la natura obbligatoria del congedo, la platea degli interessati riguarda tutti i padri lavoratori) trova applicazione la regola secondo cui in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento (quindi per la durata del congedo e fino ad un anno di vita del bambino) il padre lavoratore ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento (indennità di preavviso e Naspi) e non è altresì tenuto a dare il preavviso contrattualmente previsto (art. 55, comma 1, D. Lgs. 151/2001).

Per completezza, ricordiamo infine che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e le dimissioni presentate dal padre lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino devono essere convalidate, a pena di inefficacia, dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro (art. 55, comma 4, D. Lgs. 151/2001).

Infine, sotto il profilo sanzionatorio, a presidio della effettività del congedo di paternità obbligatorio, l’art. 31 bis del D. Lgs. 151/2001 (introdotto dal recente D. Lgs. 105/2022), stabilisce che il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza di cui all’art. 27bis (congedo di paternità obbligatorio) sono puniti con sanzione amministrativa (da 516 a 2.582 euro) e impediscono al datore di conseguire la certificazione della parità di genere.


New Call-to-action

Rassegna stampa

Iscriviti alla Newsletter

Tags

Vedi tutti >