Di Antonio Cazzella
Con ordinanza n. 27934 del 13 ottobre 2021 la Suprema Corte si è pronunciata sul diritto della parte recedente di ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva nel caso in cui l’altra parte rinunci al periodo di preavviso.
La fattispecie esaminata riguarda un lavoratore che si era dimesso, offrendosi di svolgere la prestazione per la durata del periodo di preavviso; il datore di lavoro lo aveva immediatamente esonerato dallo svolgimento della prestazione, senza corrispondergli l’indennità sostitutiva del preavviso, che il dipendente ha ottenuto con decreto ingiuntivo, confermato anche in grado di appello.
La Suprema Corte, a seguito di gravame proposto dal datore di lavoro, ha revocato il decreto ingiuntivo, ricordando, preliminarmente, che l’istituto del preavviso opera in favore della parte non recedente, sicchè, in caso di recesso del datore di lavoro, il preavviso consente al dipendente di percepire la retribuzione, per un certo lasso di tempo, al fine di consentirgli di reperire una nuova occupazione, mentre, in caso di dimissioni del lavoratore, il preavviso ha la funzione di assicurare al datore il tempo necessario per effettuare la sostituzione.
Tanto premesso, la Suprema Corte ha evidenziato che il tema della rinunciabilità al periodo di preavviso da parte del soggetto non recedente (e delle conseguenze giuridiche di tale rinuncia) è strettamente connesso alla natura (obbligatoria o reale) del preavviso.
Infatti, la Corte di Cassazione ha precisato che, ove si affermi la natura reale del preavviso - con diritto della parte recedente alla prosecuzione del rapporto di lavoro sino alla scadenza del relativo periodo - non è ipotizzabile una rinuncia della parte non recedente idonea a determinare l’immediata estinzione del rapporto di lavoro.
A conclusioni opposte, invece, si perviene ove si condivida la tesi dell’efficacia obbligatoria, che configura il preavviso quale mero obbligo (accessorio e alternativo) dell’esercizio del recesso, con la conseguenza che la parte recedente è libera di optare tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a controparte della relativa indennità sostitutiva (con immediato effetto risolutivo del recesso); in particolare, dalla natura obbligatoria del preavviso deriva, in capo alla parte non recedente, un diritto di credito dalla stessa liberamente rinunciabile.
La Corte di Cassazione ha ritenuto di voler dare continuità agli arresti giurisprudenziali che, a partire dall’anno 2007, hanno affermato la natura obbligatoria del periodo di preavviso, che consente alla parte recedente di risolvere con effetto immediato il rapporto di lavoro, salvo il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Pertanto, dalla natura obbligatoria del preavviso, discende che la parte non recedente, che – come nella fattispecie esaminata – abbia rinunciato al preavviso, nulla deve alla controparte, che non può, quindi, vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro sino al termine del periodo di preavviso.
La Corte di Cassazione ha, quindi, conclusivamente affermato che la libera rinunciabilità del preavviso esclude che ad essa possano connettersi a carico della parte rinunciante effetti obbligatori - ovvero, nel nostro caso, il pagamento dell’indennità sostitutiva in favore del recedente - in contrasto con le fonti delle obbligazioni previste dall’art. 1173 cod. civ..