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Mesotelioma pleurico: rigetto delle domande per mancato assolvimento dell’onere della prova da parte degli eredi che agiscono ex art. 2043 c.c. per il risarcimento del danno da perdita parentale.

A cura di Marta Filadoro

(Tribunale di Vercelli, 16 novembre 2022, n. 1069/2022)

Il Tribunale di Vercelli ha rigettato le domande di parte attrice volte ad ottenere il risarcimento dei danni subiti iure proprio dagli eredi di un ex dipendente della società convenuta per il decesso del medesimo dovuto a pretesa esposizione lavorativa ad amianto. Il Giudice – dopo aver rilevato che gli attori hanno fatto valere “una responsabilità della convenuta e/o della terza chiamata ex art. 2043 c.c. (e non contrattuale ex 2087 c.c. con le conseguenti ricadute in tema di onere della prova) per tutti i danni derivanti dalla perdita del rapporto parentale a seguito del decesso del congiunto” – ha statuito che gli stessi non avessero dimostrato, come era loro onere, “..gli elementi costituivi del fatto illecito ed in particolare del nesso causale tra la asserita condotta illecita e l’evento dannoso”, sulla considerazione che gli eredi avessero contestato “genericamente alle controparti di avere esposto il lavoratore per anni ad agenti quantità di asbesto e senza presidi di sicurezza”, avendo però affermato in atti loro stessi “che il congiunto era stato esposto per tutta la durata della sua vita lavorativa all’amianto; infatti dal 1964 al 1966 lo stesso aveva lavorato per la ditta D…” (diversa dalla società convenuta) “dove si trovava ad installare impianti elettrici in case prefabbricate costruite in eternit”. Per contro, è stato ritenuto che gli attori non avessero allegato e/o provato “la specifica condotta dolosa e/o colposa attribuibile al datore di lavoro e quali fossero i dispostivi di protezione e le cautele da adottare nel caso in esame”, dovendosi dunque ritenere generiche le prove testimoniali offerte e dunque irrilevanti ai fini del decidere.

Il Tribunale ha inoltre escluso la responsabilità di parte convenuta, tenuto anche conto del periodo di latenza medio del mesotelioma - indicato dal ReNaM in 48 anni – che collocherebbe l’insorgenza della patologia in relazione agli anni di attività svolta presso la prima ditta e non, in base al principio civilistico del “più probabile che non”, al periodo successivo presso l’ex datore di lavoro convenuto; è stato inoltre evidenziato che il de cuius aveva vissuto a Casale Monferrato e che, in corso di giudizio, era emerso come l’intera area del casalese fosse stata interessata “dall’inquinamento ambientale notoriamente prodotto dallo stabilimento Eternit ed anche da altre realtà industriali presenti sul territorio e da un eccesso di mortalità degli abitanti per mesotelioma pleurico”.

Si evidenzia che trattasi di pronuncia di interesse in quanto il Tribunale ha rigettato le domande di parte attrice, senza svolgere attività istruttoria, stante la ritenuta genericità delle allegazioni e delle prove offerte, nonché, in base ad un criterio probabilistico, a fronte della incompatibilità del periodo lavorativo di cui è causa con quello di latenza medio del mesotelioma ed anche dell’accertato inquinamento ambientale della zona di residenza.

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