Malattia professionale e superamento del periodo di comporto, quando è legittimo il licenziamento?
Se un dipendente si assenta dal lavoro per malattia professionale, i giorni di assenza sono da considerare all’interno del periodo di comporto? Sì, a meno che il datore di lavoro non si sia reso responsabile della patologia insorta, venendo meno ai suoi obblighi di protezione nei confronti di chi lavora per lui. Un eventuale licenziamento per superamento del periodo di comporto, quindi, è legittimo se il lavoratore non dimostra la responsabilità del datore di lavoro nell’insorgenza della malattia.
Lo ha chiarito il Tribunale di Novara in un’ordinanza emessa lo scorso 16 ottobre 2018.
Che cos’è il periodo di comporto
Come noto, se un lavoratore si ammala, durante lo stato di malattia ha diritto a conservare il proprio posto di lavoro e non può essere licenziato in ragione della malattia. Non si può però godere di questo diritto senza limiti di tempo; in effetti, esso è riconosciuto per un periodo preciso, regolamentato dalla legge e dai contratti collettivi delle varie categorie: il periodo di comporto, appunto. Ad esempio, il periodo di comporto di un dipendente a cui si applica il CCNL del Terziario è di 180 giorni. Al termine di tale periodo, in caso di mancato rientro, l’azienda ha la facoltà di licenziare il lavoratore.
La vicenda oggetto di ordinanza
La vicenda cui inerisce il provvedimento del Tribunale di Novara è quella di un lavoratore affetto da sindrome ansioso depressiva e che per tali problemi di salute si era assentato dal lavoro per un numero di giorni superiore al periodo di comporto. L’azienda l’aveva per questo licenziato ed egli aveva deciso di impugnare il provvedimento innanzi al Giudice del Lavoro, in quanto lamentava che la patologia fosse insorta a causa di una dequalificazione professionale: chiedeva quindi che i relativi giorni di assenza fossero detratti dal periodo di comporto.
Licenziamento riconosciuto legittimo: le motivazioni dell’ordinanza
Il Tribunale ha rigettato il ricorso del lavoratore: il fatto che egli si fosse assentato per malattia professionale, infatti, non è sufficiente a far sì che i giorni di assenza vengano detratti dal periodo di comporto. Perché ciò avvenga, è necessario dimostrare che, alla base dell’insorgenza della patologia, vi è una condotta inadempiente del datore di lavoro, che non ha rispettato gli obblighi di legge.
In sostanza, nel caso in oggetto, la Corte non ha negato che la patologia del dipendente potesse essere legata a problematiche relative all’ambiente di lavoro o al cambiamento delle mansioni da lui svolte, tuttavia ha negato una responsabilità diretta del datore di lavoro in tale situazione.
Gli obblighi del datore di lavoro
Qui, per spiegare le motivazioni dell’ordinanza, entra in gioco in particolare l’articolo 2087 del Codice civile, normativa che obbliga il datore di lavoro a “tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, pertanto a proteggere la loro salute fisica e mentale, adottando le misure necessarie “secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica”.
Per ottenere la detrazione dell’assenza per malattia dal periodo di comporto, il lavoratore avrebbe dovuto dimostrare che il datore di lavoro non aveva adempiuto ai propri obblighi, in questo caso all’articolo 2087, venendo meno al suo dovere di tutelare la salute del dipendente ed evidenziando quindi un ruolo di responsabilità nell’insorgenza della sindrome ansioso depressiva.
Tuttavia, esaminando il supposto “demansionamento” accusato dal dipendente, il Tribunale non ha riscontrato un comportamento antigiuridico da parte del datore di lavoro: il lavoratore, che ricopriva funzioni direttive, era stato semplicemente affiancato a un altro manager per ragioni aziendali, giustificate in particolare dal recente mutamento dell’assetto proprietario della compagnia. Nessun dolo o colpa da parte dell’imprenditore. Da qui, la Corte ha riconosciuto la correttezza del conteggio, il superamento del periodo di comporto e quindi la conseguente legittimità del licenziamento.
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