A cura di Sara Lovecchio
La Corte Europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 13 dicembre 2022 (relativa al ricorso n. 26968/2016), ha ritenuto conforme ai principi di diritto dell’Unione Europea l’utilizzo del GPS da parte del datore di lavoro per verificare l’effettivo utilizzo, a fini aziendali, dell’auto del dipendente.
Il caso esaminato dalla Corte di Strasburgo riguarda un’azienda portoghese che aveva concesso ai propri dipendenti (informatori farmaceutici) l’utilizzo dell’auto aziendale anche per spostamenti/viaggi privati ed al di fuori dell’orario di lavoro, con diritto, però, dell’azienda ad ottenere il rimborso delle relative spese. Al fine di controllare quanto sopra, i dipendenti dovevano registrare ogni visita a clienti, spostamenti e/o attività in un sistema informatico; parallelamente era stato installato un sistema GPS su ciascun veicolo, in modo da verificare le distanze percorse a fini professionali e nei viaggi personali.
Proprio attraverso l’esame dei dati del GPS la società ha scoperto che un dipendente aveva indicato in misura maggiore rispetto a quella effettiva, le distanze percorse a fini professionali, così da dover rimborsare importi inferiori alla società per i chilometri percorsi per motivi personali. Da qui la contestazione disciplinare ed il successivo licenziamento, ritenuto legittimo, prima dal Tribunale e, poi, anche dalla Corte d’Appello portoghese.
Il dipendente si è quindi rivolto alla Corte di Strasburgo invocando la violazione, in particolare, dell’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, ovvero una violazione del suo diritto al rispetto della propria vita privata.
La Corte ha escluso la violazione della suddetta disposizione, rilevando che la finalità della stessa è quella di tutelare la persona da interferenze arbitrarie nella propria vita personale; nel caso di specie, però, è stato accertato che: 1) la società aveva fornito ai dipendenti un’informativa specifica avente ad oggetto sia le modalità di funzionamento del sistema GPS installato sui veicoli sia le relative finalità del trattamento (ovvero controllare i chilometri percorsi nell’esercizio dell’attività lavorativa); 2) il lavoratore aveva ricevuto la suddetta informativa; 3) la società conservava solo i dati strettamente necessari al controllo delle spese di viaggio. Dunque, la misura di controllo utilizzata dal lavoratore (ovvero il sistema GPS), pur potendo incidere potenzialmente sulla vita privata dei dipendenti, doveva considerarsi legittima in quanto accompagnata da garanzie adeguate e sufficienti ad evitare un possibile abuso.
Per tali ragioni, è stato considerato corretto il giudizio dei giudici portoghesi sulla legittimità del licenziamento, intimato a fronte dell’esame dei dati rilevati dal sistema GPS installato sull’autovettura aziendale concessa al dipendente.