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LTI e indennità sostitutiva del preavviso

A cura di Paola Balletti e Selene Catanzaro

Nell’epoca delle “grandi dimissioni” sono sempre più numerose le Aziende italiane che, nell’intento di trattenere risorse di talento all’interno dei propri organici, sperimentano nuovi strumenti di retention.

Tra questi, emergono i cd. Piani LTI (“Long Term Incentive”), piani di incentivazione a lungo termine in virtù dei quali i dipendenti – generalmente dirigenti appartenenti al Top Management dell’Azienda – al raggiungimento di determinati obiettivi – in un arco di tempo solitamente triennale - si vedono riconosciuto il diritto all’assegnazione di bonus sotto forma di cash o strumenti finanziari. Gli stessi verranno percepiti, o potranno essere esercitati, solo al termine di un cd. “vesting period” (periodo di maturazione) a condizione che, salvo diversa previsione contrattuale, per allora i dipendenti siano ancora in forza presso la società oppure nel caso in cui, alla loro uscita, venga riconosciuto il cd. status di “good leaver”.

Come appena ricordato gli LTI, oltre che in cash, possono essere erogati attraverso l’attribuzione di diversi strumenti finanziari, quali ad esempio Restricted Stock Units (RSU) o Performance Shares.

La giurisprudenza si è a lungo interrogata in merito alla possibilità di inserire o meno gli LTI nella base di calcolo dell’indennità sostitutiva del preavviso che, come noto, deve essere determinata ai sensi dell’art. 2121 del cod. civ..

Ebbene, con particolare riferimento allo strumento delle RSU, il Tribunale di Milano, con sentenza dell’11 novembre 2020, ha stabilito che le stesse debbano essere ricomprese nel tallone retributivo utile ai fini del calcolo non solo dell’indennità sostitutiva del preavviso, ma anche del TFR.

I giudici meneghini hanno infatti osservato che le RSU, titoli azionari caratterizzati dall’esigibilità differita, costituiscono beni in natura valutabili economicamente. Pertanto le stesse, a differenza di altri strumenti quali le stock options, non possono andare esenti da una valutazione in termini retributivi, trattandosi per l’appunto di “beni entrati nel patrimonio dell'assegnatario passibili di immediata valutazione in termini economici, caratterizzati dalla mera esigibilità differita”. I suddetti strumenti, diversamente dai diritti di opzione, rientrano pertanto – sotto ulteriore profilo e argomentazione - nella nozione di “onnicomprensività” della retribuzione ai fini del computo della base utile per il calcolo del TFR, ai sensi dell'art. 2120 cod. civ., nonché del calcolo della indennità sostitutiva del preavviso (cfr. Cass. Civ., sez. lav., 16636/2012).

Sotto ulteriore profilo e sempre con riferimento al calcolo dell’indennità sostitutiva del preavviso, il secondo comma dell’art. 2121 cod. civ. prevede che nel caso in cui il prestatore di lavoro venga retribuito in tutto in parte con provvigioni, premi di produzione o partecipazioni, la predetta indennità è calcolata “sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato”.

Secondo un orientamento del Tribunale di Milano (sentenza del 20 luglio 2009), occorre prendere in considerazione la media degli elementi variabili della retribuzione degli ultimi tre anni (più precisamente, degli ultimi trentasei mesi) secondo il criterio di competenza rapportato alla esigibilità di tali elementi. Sarebbe invece da escludersi il principio di cassa, il quale si riferisce unicamente alla retribuzione effettivamente corrisposta al dipendente. Con riferimento agli LTI è necessario stabilire se debbano essere inseriti nella base di calcolo per l’individuazione dell’indennità sostitutiva del preavviso utilizzando il principio di cassa o di competenza. Secondo la giurisprudenza, occorre far riferimento al criterio dell’“esigibilità”, che costituisce una sorta di tertium genus rispetto ai criteri sopra citati, maggiormente favorevole per i lavoratori in sede di quantificazione della retribuzione utile ai fini degli artt. 2120 e 2121 c.c.. Ciò significa che gli LTI riconosciuti al dipendente dovranno essere computati con riguardo all’anno in cui sono divenuti esigibili e dovuti (“vested”), anche se – ovviamente – originariamente assegnati negli anni precedenti secondo il principio di competenza.


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