A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella
Con sentenza n. 15885 del 15 giugno 2018 la Corte di Cassazione ha esaminato una fattispecie relativa al trasferimento, verso nuove sedi lontane e disagiate, di undici dipendenti - addetti ad un’unità produttiva, le cui attività erano state subappaltate a terzi – i quali non si erano presentati sul posto di lavoro e, per tale ragione, erano stati licenziati.
I lavoratori hanno eccepito un abuso del diritto da parte dell’azienda, in quanto era stata loro presentata, quale alternativa al trasferimento, la sottoscrizione di un verbale di conciliazione, avente ad oggetto l’accettazione del licenziamento ed un incentivo economico.
La Suprema Corte ha precisato che, nell’ambito del rapporto di lavoro, l’abuso del diritto si configura se il datore, pur in assenza di divieti formali, esercita una prerogativa assegnatagli dalla legge con modalità contrarie ai canoni di buona fede e di correttezza, al fine di conseguire un risultato diverso da quello per il quale il diritto è stato riconosciuto.
Più precisamente, l’abuso del diritto si configura quando il comportamento complessivamente realizzato dal datore di lavoro renda evidente, da un lato, il conseguimento di obiettivi diversi ed ulteriori rispetto a quelli prefigurati dalla legge e comporti, d’altro lato, un sacrificio per i lavoratori sproporzionato e ingiustificato rispetto ai vantaggi per l’impresa.
I lavoratori hanno eccepito che la doppia opzione (trasferimento o licenziamento con incentivo) costituiva espressione della forzatura che il datore di lavoro aveva operato, in quanto l’alternativa tra il mutamento della sede e la firma di una conciliazione (implicante adesione al licenziamento) si configurava come uso strumentale dei poteri datoriali.
La Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, rilevando che ai lavoratori era stata prospettata, in modo legittimo e trasparente, la scelta tra un accordo transattivo con risoluzione incentivata del rapporto di lavoro e le conseguenze del trasferimento, sicchè non poteva configurarsi, in alcun modo, un abuso del diritto.