Licenziamento disciplinare: l'eventuale acquiescenza a comportamenti illeciti da parte dei vertici non esclude la giusta causa di recesso.
A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella
Con sentenza n. 17356 del 3 luglio 2018 la Corte di Cassazione ha esaminato una fattispecie di licenziamento per giusta causa intimato ad un dipendente, con qualifica di dirigente, che aveva acquistato, con fondi occulti, beni destinati a regalie per clienti (omettendo di riferire tali circostanze alla nuova proprietà) ed aveva fatto emettere fatture nei confronti del datore di lavoro per lavori di ristrutturazione compiuti presso la sua abitazione.
La Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento, evidenziando che “la creazione di fondi extrabilancio si pone al di fuori della conformità all’ordinamento giuridico che impone regole rigorose nella amministrazione delle società e nella tenuta della contabilità, regole dettate per essere osservate, e non tollera falsi ideologici in nessuna forma e per nessun fine”, essendo, peraltro, del tutto irrilevante la mancata adozione di un codice etico.
In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che la deduzione del dirigente – secondo cui tale condotta era conforme al volere dei vertici proprietari che avevano intimato il licenziamento – non era stata dimostrata e che, comunque, l’ordinamento impedisce di identificare la società con il volere dei suoi vertici proprietari.