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Licenziabile il lavoratore che usa i permessi ex l. 104/1992 per scopi estranei all’assistenza del parente invalido

Tribunale di Foggia, ordinanza 19 luglio 2019

Causa seguita da Tommaso Targa

 

Nel caso esaminato, il lavoratore è stato licenziato poiché, dapprima abusando dei permessi ex l. 104/1992, concessi per assistere la madre invalida, e poi in costanza di assenza per infortunio, ha prestato attività lavorativa presso il ristorante di proprietà di un familiare.  I fatti sono stati accertati dal datore di lavoro con l’ausilio di un’agenzia investigativa.

Nel dichiarare la legittimità del licenziamento, l’ordinanza in commento ha affermato due principi di diritto rilevanti.

Anzitutto, l’ordinanza ha preso atto della pluralità degli addebiti mossi al lavoratore, relativi: a) all’abuso del diritto ai permessi; b) allo svolgimento di attività lavorativa in costanza di assenza per infortunio, con conseguente rischio di compromissione / aggravamento della situazione di salute e ritardo nella guarigione. Entrambi gli addebiti riguardano, quindi, comportamenti di malafede ed inadempimento di obblighi accessori derivanti dal rapporto di lavoro, ma si tratta di comportamenti ed addebiti distinti. Al riguardo, l’ordinanza ha evidenziato che, quando il licenziamento è stato intimato in relazione a una pluralità di episodi rilevanti sul piano disciplinare, ciascuno di essi, autonomamente considerato, può sorreggere la giusta causa di licenziamento. Pertanto, l’eventuale mancata prova e/o irrilevanza disciplinare di uno dei comportamenti contestati non comporta l’illegittimità del licenziamento, se gli altri comportamenti sono di per sé idonei ad integrare una grave violazione dei propri obblighi, da parte del lavoratore.

Ciò premesso, in relazione al caso di specie, l’ordinanza ha ritenuto che l’abuso dei permessi ex l. 104/1992 integri di per sé la giusta causa di licenziamento, a prescindere dalla rilevanza disciplinare dello svolgimento di attività lavorativa durante un successivo periodo di assenza per infortunio.

Ciò premesso, l’ordinanza ha ritenuto che “il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 l. 104/1992, si avvalga dello stesso non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività lavorativa, integra l’ipotesi di abuso del diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro, come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente, ed integra nei confronti dell’ente di previdenza erogatore del trattamento economico un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale”.

L’ordinanza ha, quindi, sottolineato che la gravità dell’addebito disciplinare di cui si discute prescindere dal numero delle ore del permesso. Inoltre, pur non essendo necessario che il lavoratore trascorra integralmente insieme all’invalido tutto il periodo di durata del permesso, non è sufficiente a ritenere che tale permesso sia stato utilizzato per le sue proprie finalità allorché il lavoratore, durante il permesso, si sia limitato ad una fugace visita all’invalido, destinando poi la quasi totalità del tempo ad altre attività che nulla hanno a che vedere con l’assistenza.

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