di Orazio Marano

Queste le conclusioni cui è giunta la recentissima sentenza del Tribunale di Torino, che in un giudizio promosso da un lavoratore nei confronti della propria datrice di lavoro (assistita dal nostro Studio) si è pronunciato in materia di sospensione dal servizio dei dipendenti con età pari o superiore ad anni 50, che non erano provvisti della certificazione c.d. green pass “rafforzato”.

Nel motivare il rigetto del ricorso proposto dal dipendente, il Tribunale ha aderito al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte secondo cui “laddove un comportamento del datore di lavoro (nel caso di specie, non l’esercizio del recesso anticipato dal contratto, ma la sospensione dell’esecuzione dello stesso) sia stato tenuto in osservanza di norma di diritto primaria, successivamente dichiarata non costituzionalmente legittima, la retroattività della pronuncia della Consulta non può spingersi a creare la fictio iuris della sussistenza della colpa del datore di lavoro, prima del momento della pubblicazione della pronuncia stessa”.

Pertanto, ha motivato il Tribunale, “indipendentemente da quale sia l’effettivo dies a quo di tale eventuale responsabilità …, la stessa non potrebbe essere comunque dichiarata sussistente, ed il diritto risarcitorio qui reclamato (n.d.r.: le retribuzioni non percepite a causa della sospensione dal servizio) non potrebbe quindi trovare soddisfazione, in quanto la pubblicazione dell’eventuale sentenza di accoglimento della Corte Costituzionale … perverrebbe in momento nel quale il ……… (n.d.r.: ricorrente) percepisce ormai regolarmente la propria retribuzione”, stante la natura transitoria della normativa contestata.

Da qui l’irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 d.l. 1/2022, proprio perché – come sopra evidenziato – l’eventuale pronuncia della Corte Costituzionale non sortirebbe alcun effetto utile per la decisione nel merito della vicenda.