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Legittimo il licenziamento del dipendente che, reagendo in male fede al trasferimento, resta assente ingiustificato per 15 giorni

(Tribunale di Frosinone, sentenza 16 ottobre 2019)

Causa seguita da Tommaso Targa

 

Con la sentenza di diritto del lavoro in commento, il Tribunale di Frosinone si è pronunciato in ordine a una fattispecie che, nella prassi, si verifica con sempre maggior frequenza: licenziamento intimato per giusta causa al lavoratore che resta assente ingiustificato dal servizio, così reagendo alla pretesa illegittimità del trasferimento disposto dall’azienda.

Nel caso di specie, il licenziamento è stato giudicato legittimo perché, da un lato, a seguito di istruttoria testimoniale, è emerso che il trasferimento preventivamente disposto a carico del lavoratore era motivato da oggettive esigenze di natura organizzativa. D’altro lato, anche a voler prescindere dalla sussistenza di tali esigenze, la reazione del lavoratore è stata ritenuta sproporzionata, considerato che la nuova sede di lavoro, ove egli si è rifiutato di prendere servizio, aveva una distanza dalla sua abitazione solo leggermente superiore a quella della precedente sede; conseguentemente, anche i costi del viaggio (sia con i mezzi pubblici, che con l’autovettura) erano assimilabili.

Al riguardo, il Tribunale di Frosinone ha richiamato la recente giurisprudenza della Cassazione secondo cui “l’inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione lavorativa in quanto, vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettivo, trova applicazione il disposto dell’art. 1460, comma 2, c.c. alla stregua del quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contraria alla buona fede” (Cass. n. 21391/2019; Cass. 11408/2018”.

Inoltre, la sentenza ha evidenziato che il lavoratore, oltre a rimanere assente ingiustificato presso la sede di destinazione, non ha nemmeno messo a disposizione dell’azienda le proprie energie lavorative presso la sede di partenza. Anche a questo proposito, il decisum del Tribunale è in linea con l’orientamento della Cassazione: “in caso di trasferimento non adeguatamente giustificato a norma dell’art. 2103 c.c., il rifiuto del lavoratore di assumere servizio presso la sede di destinazione deve essere proporzionato all’inadempimento datoriale ai sensi dell’art. 1460 c.c., comma 2, sicché lo stesso deve essere accompagnato da una seria ed effettiva disponibilità a prestare servizio presso la sede originaria, configurandosi altrimenti l’arbitrarietà dell’assenza dal lavoro” (Cass. 3949/2016).

La sentenza si è pronunciata anche su un aspetto di natura formale relativo al procedimento disciplinare.  Il lavoratore ha contestato la pretesa violazione dell’art. 7 St. Lav. poiché la contestazione disciplinare, prodromica al licenziamento, non era stata da lui ricevuta - e pertanto non si era giustificato - essendo stata spedita presso la sua abitazione, ma non consegnata per assenza del destinatario.  In proposito, il Tribunale di Frosinone ha ritenuto che, invece, la notifica della contestazione disciplinare fosse validamente avvenuta: la raccomandata è stata spedita presso l’indirizzo di residenza del lavoratore e, in sua assenza, depositata presso l’ufficio postale; decorso il termine di compiuta giacenza di 10 giorni, la notifica si considera perfezionata, con conseguente presunzione legale di conoscenza.

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