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Legge di Bilancio 2023: quali novità per il mondo del lavoro

A cura di Federico Manfredi e Chiara Romeo

Le novità più significative in tema di diritto del lavoro che la nuova Legge di Bilancio 2023 porta con sé si muovono su varie direttive: quota 103 per le pensioni, aumenta il limite di utilizzo del lavoro occasionale, un’importante detassazione dei premi di risultato, importanti misure a sostegno della famiglia e della genitorialità e dell’occupazione femminile, nonché una riforma importante del Rdc. 

Bisogna tenere presente che, ad oggi, è sì possibile inquadrare il disegno del Governo e le linee guida sulle quale intende muoversi, grazie al testo del disegno di legge di Bilancio approvato da parte del Consiglio dei Ministri lo scorso 21 novembre, ma la manovra è ancora in Parlamento per la fase della discussione e degli emendamenti, che sono anche quest’anno moltissimi e che, se approvati, apporteranno migliaia di modifiche al testo originario presentato dal Governo come il maxiemendamento del Governo, orientato a tener conto delle richieste della maggioranza, e le richieste di correzione avanzate dalle istituzioni UE.

Il primo e forse più importante intervento che porta, se approvata, la legge di Bilancio 2023 riguarda il Reddito di Cittadinanza (RdC): avviando un percorso che dovrebbe portare all’abolizione del RdC entro il 1 gennaio 2024, il Governo ha pensato di riformare gradualmente la disciplina già a partire dall’immediato futuro, prevedendo modifiche e riforme su vari aspetti della stessa. 

In primo luogo, i percettori di reddito avranno obbligazioni diverse per poter accedere a tale misura di sostegno, infatti è stato previsto che coloro che hanno tra i 18 e 29 anni non potranno fare richiesta del sussidio a meno che non abbiano terminato con successo le scuole dell’obbligo. Anche per i cosiddetti “occupabili”, ossia le persone con un’età compresa tra i 18 e i 59 anni, è prevista una specifica disciplina: dovranno sottoscrivere il patto di servizio personalizzato già secondo la previgente disciplina e dovranno partecipare obbligatoriamente a un corso di formazione o riqualificazione professionale per una durata minima prevista di sei mesi a pena di decadenza del beneficio. Sono comunque esclusi da questa categoria con particolari incombenze, i cittadini che fanno richiesta del sussidio e che, sebbene rientrino nella fascia d’età prevista, sono parte di nuclei familiari al cui interno si trovano persone con disabilità, minorenni o anziani con almeno 60 anni di età. 

Altre direttive su cui si basano le modifiche proposte dal Consiglio dei Ministri riguardano la durata del periodo di beneficio del reddito di cittadinanza, da 18 mensilità a 8; la decadenza del beneficio, oltre che nel caso già descritto, anche nel caso in cui non si partecipi alla formazione obbligatoria o al primo rifiuto di un’offerta lavorativa (ad oggi sono due i rifiuti possibili). Il controllo del rispetto di tali requisiti è affidato alle Regioni. 

Sono previste altre tre modifiche: la prima riguarda la possibilità di mantenere il Rdc nel caso di sottoscrizione di contratti di lavoro stagionale o intermittente, con la previsione per i il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico pari a euro 3000 lordi annui; la seconda modifica impatta la disciplina dei progetti utili alla collettività, per cui oggi è previsto l’obbligo per i comuni di impiego di almeno un terzo dei beneficiari occupabili e sottoscrittori del patto per l’inclusione sociale, mentre con l’approvazione della Legge di Bilancio è previsto l’impiego in questi progetti (Puc) della totalità dei percettori del reddito. 

Nonostante tutte le restrizioni anzidette, il Governo ha previsto una ulteriore misura di sostegno al reddito, l’istituzione di un fondo per il sostegno alla povertà e all’inclusione attiva presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in cui confluiranno proprio i fondi “risparmiati” dalla riforma del Reddito di cittadinanza. Vi è di più: per razionalizzare i fondi impiegati dal Governo per il RdC, il Consiglio dei Ministri ha inserito nella proposta di legge di Bilancio un incentivo – una riduzione contributiva per un massimo di 12 mesi che abbatte interamente gli oneri previdenziali a carico del datore di lavoro, seppur previsto un tetto annuo di 6 mila euro - per le aziende appartenenti al settore privato che assumeranno percettori del reddito nel 2023. Pur con le dovute esclusioni, l’estensione dell’esonero raggiunge anche i datori di lavoro privati che provvedono alla stabilizzazione di rapporti di lavoro precedentemente instaurati a tempo determinato con i percettori di Rdc. 

Sempre per incentivare le assunzioni di particolari categorie di persone, nella Legge di Bilancio 2023 al vaglio del Parlamento vengono prorogati gli esoneri contributivi del 100% per 12 mesi previsti per le assunzioni di persone con età inferiore ai 36 anni – salvo dirigenti, lavoratori intermittenti o domestici - da parte di datori di lavoro privati, ad esclusione di coloro i quali operano nel settore finanziario. Tale beneficio viene esteso anche alle trasformazioni di contratti a termine per il 100% dei contributi a carico del datore per un totale di 36 mesi (esteso a 48 in alcune regioni del meridione), sempre con un tetto di 6mila euro. Tuttavia, è prevista una importante limitazione: tale beneficio non si applica ai datori di lavoro che scelgono di assumere persone mai state occupate con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (presso qualsiasi datore di lavoro). Viene inoltre esteso il beneficio contributivo per i datori di lavoro che scelgono di assumere donne rientranti nelle categorie di cui all’art. 4 commi da 8 a 11 della L. 92/2012. Anche in questo caso l’incentivo riguarda sia le assunzioni che le stabilizzazioni e prevede l’esonero contributivo del 100% per il datore di lavoro per un totale di 12 mesi elevati a 18, sempre nel limite di 6mila euro. 

Sempre con riguardo all’abbattimento dell’onere contributivo, risultano beneficiari i giovani imprenditori agricoli di età inferiore ai 40 anni che decidono di iscriversi alla previdenza agricola nel 2023 e tale beneficio può essere invocato per sé, per l’intero nucleo familiare o per parte di esso. Tale misura, prevista per la prima volta nel 2020 e rinnovata di anno in anno, consiste nel totale esonero dal versamento della contribuzione IVS per un periodo massimo di 24 mesi, ferma restando l’aliquota di computo delle pensioni. Restano dovuti il contributo di maternità e il premio INAIL. 

Altre particolari misure sono previste sempre con riguardo al settore dell’agricoltura e anche del turismo: possono essere utilizzati i buoni lavoro (fino a 3 al giorno) per remunerare il lavoro occasionale svolto in ambito agricolo per un periodo non superiore a 45 giorni. Ogni impresa (con minimo 10 dipendenti, ad eccezione del settore ricettivo e turistico) o famiglia che intende avvantaggiarsi dei buoni lavoro vede un innalzamento del tetto massimo da 5mila a 10 mila euro, posto che ogni lavoratore può ricevere massimo 5mila euro in buoni lavoro con un massimo di 2500 per datore di lavoro. Con specifico riguardo alle mance percepite dai lavoratori (con reddito non superiore a 50mila euro nell’anno precedente) del settore turistico e ricettivo, sarà applicata un’imposta sostitutiva del 5% del reddito percepito nell’anno per le prestazioni da lavoro. 

Per quanto riguarda invece le misure relative alla famiglia, la proposta di Legge di Bilancio indica queste ulteriori misure:

  • Assegno unico per le famiglie con 3 o più figli (610 milioni) – Per il 2023 sarà maggiorato del 50% per il primo anno, e di un ulteriore 50% per le famiglie composte da 3 o più figli e con un ISEE non superiore a 40mila euro per ulteriori due anni. I nuovi limiti previsti sono pertanto di 262,5 euro (max) e 75 euro (min) per figlio. Tale incremento Confermato l’assegno per i disabili. 
  • Entro il sesto anno di vita del figlio le lavoratrici dipendenti potranno fruire di un mese di congedo parentale retribuito all’80% anziché 30% a condizione che il periodo di congedo obbligatorio di maternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2022. Non cambia il periodo totale di congedo di cui può fruire la lavoratrice madre. 

In direzione contraria invece si registra la posizione del Governo circa lo smart working, possibilità esclusa per i genitori di figli under 14 ed esteso fino al 31 marzo prossimo, esclusivamente per i dipendenti fragili del settore pubblico e privato.

Nell’ambito delle misure destinate ad accrescere il reddito disponibile delle famiglie, la proposta di Legge di Bilancio prevede il “potenziamento del welfare aziendale” e la “riduzione delle imposte sui premi di produttività”, il “taglio del cuneo fiscale”. 

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si ricorda che l’attuale normativa riconosce a:

  • Premi di risultato, corrisposti in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali, in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione;
  • Somme pagate a titolo di partecipazione agli utili;

l’applicazione di un’imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionali e comunali, del 10%.

Solo per il 2023, la tassazione dei premi di risultato passa dal 10 al 5 percento. La tassazione in parola si applica entro il limite di importo complessivo (premi ed utili) di 3 mila euro (elevati a 4 mila euro per le aziende che coinvolgono in maniera paritetica i lavoratori).

A beneficiare della tassazione agevolata, i dipendenti del settore privato, titolari, nell’anno precedente, di un reddito di lavoro dipendente di importo non superiore ad 80 mila euro, comprensivo delle somme soggette all’imposta sostitutiva del 10%, delle pensioni di ogni genere, degli assegni equiparati e della quota di Tfr liquidata in busta paga (ex Quir).

Anche per il 2023 il taglio del cuneo fiscale è riconosciuto sottoforma di riduzione dell’aliquota contributiva pensionistica a carico del lavoratore dipendente, pari al 3% dell’aliquota IVS per le retribuzioni imponibili mensili fino a 1538 euro, o al 2% per quelle di importo non superiore comunque a 2692 euro al mese.

Da ultimo, viene paventata una riforma pensionistica, una misura ponte volta a tamponare l’attesa di una riforma organica: 

  • il Governo ha optato per la proroga del meccanismo di pensionamento agevolato, che prende il nome di Opzione Donna: esso varrà anche per il 2023, ma con alcune modifiche: in sintesi, varrebbe l’uscita anticipata a 60 anni (con almeno 35 di contributi) esclusivamente per le donne che si trovino in una delle condizioni di (1) invalidità civile maggiore o uguale al 74%, (2) licenziamento, (3) ruolo di caregiver nei confronti di un familiare disabile. Disposto altresì uno sconto massimo di due anni con due o più figli, limitato ad un anno (pensione a 59 anni) con un solo figlio. Per gli esuberi aziendali è previsto in tutti i casi un requisito anagrafico pari a 58 anni; 
  • pensione anticipata flessibile: è possibile andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni e 10 mesi di contributi; 
  • aumento delle pensioni minime da 525 euro nel 2022 a 570 euro il prossimo anno, per poi salire ancor a 580 euro nel 2024; 
  • APE Sociale: 63 anni di età - per determinate categorie di soggetti - con un assegno pari a 1500 euro per 12 mensilità fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia.
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