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La prova del nesso causale tra omessa informazione medica e danni conseguenti all’intervento chirurgico

A cura di Michela Casula

Con la sentenza n. 1936 del 23 gennaio 2023, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di omessa informazione medica, ai fini della sussistenza della responsabilità della struttura sanitaria, occorre accertare l’esistenza di un nesso causale tra la suddetta omissione e il danno.

Nel caso di specie, l’attore conveniva in giudizio la struttura sanitaria presso cui si era sottoposto ad un intervento chirurgico di rimozione di un aneurisma all’aorta addominale, in seguito al quale gli veniva diagnosticata una grave occlusione intestinale, che provocò conseguenze permanenti.

Nell’ambito della consulenza tecnica svoltasi in primo grado veniva accertato che l’intervento era stato eseguito correttamente e che le suddette complicanze erano rare ed imprevedibili. Era, tuttavia, anche accertato che tali complicanze erano dipese dalla tecnica obsoleta applicata al trattamento dell’aneurisma.

Sulla scorta di dette risultanze, la Corte di Appello di Milano condannava la struttura sanitaria al risarcimento del danno, sulla base di una condotta colposa del chirurgo individuata, non nell’imperita esecuzione dell’intervento, ma nella mancata informazione al paziente dell’esistenza di una tecnica operatoria alternativa, che - se fosse stata adoperata - non avrebbe avuto le conseguenze pregiudizievoli invece occorse nella vicenda in esame.

La Suprema Corte ha censurato la decisione impugnata, rilevando una violazione dei principi stabiliti in materia di nesso causale tra condotta colposa ed evento di danno (e cioè la c.d. "causalità materiale").

Secondo la Corte di Cassazione, se l’omessa informazione rappresentava nel caso l’unica condotta colposa imputabile al medico, per poter condannare la struttura sanitaria al risarcimento del danno sarebbe stato necessario accertare l'esistenza di un valido nesso di causa tra la suddetta omissione e il danno stesso.

Di conseguenza, la Corte di appello avrebbe dovuto ricostruire il rapporto eziologico tra l'omessa informazione e l'evento di danno con un giudizio controfattuale, accertando quali scelte avrebbe compiuto il paziente se fosse stato correttamente informato dal medico della possibilità di scegliere tra le due tecniche operatorie.

Nessun giudizio controfattuale al riguardo era stato però svolto dai giudici di secondo grado, i quali si erano limitati ad affermare che la tecnica omessa avrebbe evitato l'evento e che la condotta omissiva del medico fu causa del danno.

La Suprema Corte ha, quindi, cassato con rinvio la sentenza, disponendo che nel nuovo giudizio di appello fosse accertata, con giudizio controfattuale, l'eventuale sussistenza del nesso causale sopra richiamato.

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