Corte di Cassazione 11 novembre 2020 n. 23144
Commento a cura di Francesco Torniamenti
La Cassazione, nella pronuncia in epigrafe, si pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno conseguente ad un accertato demansionamento e, in particolare, conferma la sentenza di merito che aveva respinto tale domanda sul presupposto che il lavoratore non aveva dedotto circostanze di fatto idonee a dimostrare l’esistenza dei danni biologici ed esistenziali di cui chiedeva il risarcimento.
In particolare, la Suprema Corte ribadisce il principio per cui in tema di demansionamento e dequalificazione professionale, il pregiudizio subito dal lavoratore - danno non patrimoniale - non si identifica con l'inadempimento datoriale e non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo invece sul lavoratore non solo di dimostrare il demansionamento, ma anche di fornire la prova, ex art. 2697 cod. civ., del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale.
Quindi, in caso di demansionamento, il danno patito non è in re ipsa e non è dunque sufficiente, per il risarcimento dello stesso, la prova dell’inadempimento datoriale ma occorre l’allegazione di indizi gravi precisi e concordanti – ex at. 2729 cod. civ. - che in concreto dimostrino l’esistenza di un danno non patrimoniale conseguente alla dequalificazione. Ad esempio, a fini risarcitori, il lavoratore che lamenti di aver subito, in conseguenza della dequalificazione, danni esistenziali, d’immagine o professionali deve dedurre fatti concreti dai quali possa evincersi, tra l’altro, la durata del demansionamento, la conoscibilità dello stesso all'interno ed all'esterno dell'ambiente lavorativo, la frustrazione di aspettative di progressione professionale, le conseguenze dello stesso sulle abitudini di vita del soggetto ecc..
In caso di mancata prova delle suddette circostanze – la cui valutazione è riservata al Giudice di merito – il dipendente, benché demansionato, non avrà diritto ad alcun risarcimento del danno.