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La nuova Direttiva 2018/957: la modifica al distacco transnazionale e l’estensione della disciplina alle agenzie di somministrazione

La nuova Direttiva 2018/957: la modifica al distacco transnazionale e l’estensione della disciplina alle agenzie di somministrazione

di Enrico Vella

Sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE del 9 luglio scorso, senza particolare clamore mediatico, come invece sta accadendo per il noto “Decreto Dignità”, è stata pubblicata la direttiva dell’Unione Europea 2018/957 in tema di distacco transnazionale; la sua portata normativa non è da sottostimare, specialmente per il fatto che l’emendamento amplia l’ambito di applicazione della disciplina anche alle agenzie di somministrazione che decidono di distaccare un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro.

Ciò sembra seguire l’orientamento del Legislatore italiano il quale pare intenzionato a rivedere la disciplina del contratto di lavoro di somministrazione a termine, limitando il suo utilizzo tramite l’introduzione delle causali e dei limiti di durata massima.

Gli obiettivi sono noti: uniformare le norme nazionali, rafforzare le regole anti-dumping sul distacco transazionale dei lavoratori e, infine, garantire una migliore protezione dei lavoratori distaccati.

L’intervento del Parlamento Europeo cerca di trovare il giusto equilibrio tra la tutela dei lavoratori distaccati ed il diritto delle imprese che distaccano lavoratori nel territorio di un altro Stato membro di poter appellarsi al sommo principio della libera prestazione dei servizi.

La Direttiva in commento si applica anche al settore del trasporto su strada a decorrere dalla data di applicazione di un atto legislativo che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda le prescrizioni di applicazione e stabilisce norme specifiche in relazione alla direttiva 96/71/CE e alla direttiva 2014/67/UE per il distacco dei conducenti nel settore dei trasporti su strada.

A tal proposito, è stato registrato un acceso dibattito tra i Paesi membri; il segmento dei trasporti su gomma è particolarmente segnato dalla concorrenza di lavoratori che arrivano da Paesi membri che non prevedono particolari tutele o, comunque, applicano gli stessi livelli degli altri Paesi europei. Il contrasto più profondo all’introduzione di norme più restrittive (come si può immaginare) è stato proprio dei Paesi dell’Est che non vorrebbero rinunciare al vantaggio competitivo derivante dalle paghe più basse degli autisti. La criticità riguarda essenzialmente l’ipotesi di “cabotaggio stradale” dove i vettori dell’Est resterebbero sicuramente più competitivi.

Su questo fronte si dovrà discutere ancora molto.

La Direttiva rafforza, in sostanza, la precedente disciplina, riconfermando la garanzia di un salario minimo, di un periodo minimo di riposo e di lavoro, di un congedo annuale retribuito, di parità di condizioni per l’esercizio del lavoro interinale, della sicurezza e della salute dei lavoratori e, infine, della parità di trattamento tra uomini e donne.

Il Legislatore europeo è, dunque, pienamente consapevole che occorre tutelare i lavoratori distaccati che operano nel Paese ospitante per il tempo necessario per l'esecuzione del servizio; a questi occorre garantire una particolare tutela in quanto, restando dipendenti del datore di lavoro distaccante e soggetti al relativo regime di sicurezza sociale, non entrano a fare parte del mercato del lavoro del Paese di destinazione, con correlate ed evidenti differenze di costi del lavoro tra i diversi Paesi europei.

Il principio fondamentale che ispira la modifica è sempre quello della parità di trattamento tra lavoratore distaccato e lavoratore “locale”. Gli Stati membri saranno obbligati ad applicare ai lavoratori distaccati le stesse regole che si applicano ai lavoratori “locali”, indipendentemente dalla legge che regola il rapporto di lavoro, e ciò non solo in riferimento alle disposizioni normative, ma anche in riferimento al contratto collettivo, a prescindere dal settore di mercato.

Per quanto attiene al concetto di retribuzione, la Direttiva sostituisce il riferimento alle “tariffe minime salariali” con quello più ampio della “retribuzione” che comprende tutti gli elementi costitutivi della stessa previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative, dai contratti collettivi o arbitrati.

Viene altresì ampliato l’elenco delle materie per cui si prevede l’applicazione della legge dello Stato membro ospitante, includendo la disciplina in tema di alloggio, indennità o rimborso spese di viaggio, vitto e alloggio in caso di trasferte o viaggi richiesti dalla società distaccataria (che devono essere pari a quelle previste per i lavoratori “locali”). A tal proposito, viene precisato che le indennità specifiche per il distacco devono essere considerate parte della retribuzione sempre che non siano versate a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute per il distacco (spese di viaggio, vitto e alloggio) e, in tal caso, dovranno essere rimborsate dal datore di lavoro in conformità alle norme applicabili al rapporto di lavoro.

Viene inoltre introdotto il concetto di “trasparenza retributiva”: l’emendamento, infatti, obbliga ciascuno Stato membro a pubblicare sul sito web istituzionale (già previsto dall’articolo 5 della Direttiva 2014/67/UE) gli elementi di cui è composta la retribuzione, così come tutte le altre condizioni di lavoro e di occupazione applicabili al lavoratore distaccato in base alle leggi, regolamenti o contratti collettivi dello Stato distaccatario.

La Direttiva in commento prevede, infine, la diminuzione da 24 mesi a 12 mesi del periodo massimo di distacco. Dopo i 12 mesi (estendibili a 18 con notifica motivata del prestatore di servizi) al lavoratore distaccato verranno applicate le condizioni di lavoro e di occupazione previste dallo Stato membro ospitante restando escluse, per espressa volontà del legislatore, le procedure, le formalità e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto, le clausole di non concorrenza ed i regimi pensionistici integrativi di categoria.

Ne deriva che, dopo 12 mesi, al lavoratore distaccato dovrà ritenersi applicabile altresì la normativa in tema di contributi da lavoro dello Stato membro distaccatario (e non più quello dello Stato membro di invio). Al fine di evitare un uso distorto del distacco, nel caso in cui il lavoratore distaccato sia sostituito da un altro lavoratore, il periodo di 12 mesi (o 18 mesi) dovrà essere calcolato sommando i periodi di ciascun lavoratore.

Come si diceva, la Direttiva ha esteso i principi di parità sopra richiamati anche ai lavoratori distaccati da imprese di lavoro temporaneo o imprese che effettuano la cessione temporanea di lavoratori presso un utilizzatore stabilito in un altro Stato membro e ciò anche nel caso in cui tali lavoratori vengano ulteriormente distaccati in un altro Stato membro.

L’entrata in vigore di tale disciplina non è immediata; infatti, gli Stati membri UE dovranno adeguare le normative nazionali entro il 30 luglio 2020. Tempo sufficientemente lungo per prevedere anche le sanzioni in caso di violazione degli obblighi.

 

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