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T&P Magazine

La domanda di annullamento per violenza della transazione deve essere rigettata allo stato degli atti in assenza di una puntuale allegazione delle circostanze

A cura di Francesco Cristiano

...atte ad integrare il prospettato vizio del consenso

 

Con la sentenza n. 7177 del 13-15 settembre 2022 il Tribunale di Milano ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo di una Società, a cui il medesimo Tribunale aveva, in precedenza, ordinato di pagare, all’esito del procedimento monitorio, il credito indicato in alcune fatture emesse a suo carico da un’impresa individuale fornitrice di servizi.

Nell’atto di citazione di avvio del giudizio di opposizione, la Società opponente eccepiva, tra l’altro, che la pretesa creditoria era stata definita alcuni anni prima attraverso un contratto di transazione che provvedeva, quindi, a produrre nel giudizio stesso. Il convenuto opposto si difendeva, nella comparsa di risposta depositata in tale giudizio, sostenendo di avere concluso il contratto di transazione sotto minaccia di ritorsioni da parte di un dirigente dell’opponente. Nel corso del processo di opposizione chiedeva, poi, di provare per testi la violenza, formulando alcuni capitoli di prova al riguardo.

Il Tribunale non ammetteva, tuttavia, le richieste istruttorie e decideva la controversia allo stato degli atti.

In particolare, il Tribunale di Milano ha osservato che gravava sull’opposto l’onere di compiutamente allegare e provare l’esistenza della asserita violenza e il nesso di causalità tra quest’ultima e la stipulazione della transazione. Nel caso di specie, l’opposto si era limitato ad allegare, entro i termini decadenziali di rito, di aver subito, nel corso dei rapporti contrattuali dedotti in lite, talune ritorsioni da parte di un dipendente apicale dell’opponente, il quale, tra l’altro, sarebbe arrivato a minacciarlo nel caso in cui non avesse firmato la transazione su menzionata. Sennonché l’opposto non deduceva alcunché di specifico in merito al preciso periodo in cui tali condotte sarebbero state perpetrate, alle esatte modalità con le quali sarebbero state poste in essere le ritorsioni e le minacce, all’effettiva consistenza di tali condotte, al potere di cui godeva il soggetto agente rispetto alla società opponente e, dunque, all’effettiva praticabilità delle conseguenze paventate. A tale stregua, le difese del convenuto opposto erano risultate carenti, già solo sotto il profilo dell’allegazione, così impedendo qualsivoglia verosimile verifica in ordine alla capacità intimidatoria della condotta imputata al dirigente dell’opponente e, soprattutto, in ordine alla effettiva incidenza di detta condotta rispetto alla conclusione della transazione.

Le carenze di allegazione riverberavano nella definizione del thema decidendum e del thema probandum e non consentivano, conseguentemente, di dar luogo ad alcun approfondimento istruttorio, vieppiù che la riscontrata genericità degli asserti difensivi si era inevitabilmente riversata pure sul contenuto dei capitoli di prova, i quali erano così risultati irrimediabilmente inammissibili.

Non essendo stati ottemperati gli oneri assertivi – tenuto conto dell’estrema genericità delle deduzioni fattuali svolte dall’impresa convenuta, sia in ordine alla stessa esistenza di una condotta minacciosa da parte di un soggetto riferibile all’attrice opponente, sia in ordine all’incidenza causale di una siffatta condotta rispetto alla determinazione negoziale dell’opposto – le domande del convenuto si rivelavano infondate e veniva respinte dal Tribunale, che rigettava anche le ulteriori eccezioni formulate in atti dalla suddetta parte e provvedeva a revocare il decreto ingiuntivo oggetto del giudizio, condannando l’opposto alla refusione delle spese di lite.

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