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T&P Magazine

Inizio del nuovo anno all’insegna della Social Responsability

a cura dell'Avv. Mariapaola Rovetta

 

Social Responsability. È ciò che viene chiesto alle aziende, ma non solo, anche agli studi professionali.

È vero che negli ultimi dieci anni sono sempre più numerose le aziende che hanno ormai già adottato un approccio sostenibile, ma numerosissime si stanno ancora impegnando per adottarlo o hanno appena iniziato ed altre non lo hanno ancora preso in considerazione, ma tutte dovranno adeguarsi e con esse anche gli studi professionali.

E se di sostenibilità la letteratura scientifica se ne sta occupando da molto tempo, sono più recenti le riflessioni in materia di Social Responsability.

Un approccio sostenibile è fondamentale in termini di competitività, in quanto lavorare con i principi e regole della sostenibilità fornisce garanzie e minimizza i rischi, oltre a ridurre i costi.

L’adozione di uno stile di vita sostenibile all’interno del contesto lavorativo ha dimostrato avere, tra gli altri, vantaggi consistenti anche in un minor turn over e, conseguentemente, maggior tutela del know how, a fronte di riduzione di tempo e di costi nella selezione e formazione del personale e maggior produttività aziendale.

Non solo. Uno stile di vita imperniato su un maggior rispetto per le regole avrebbe, come conseguenza, anche un minor numero di infortuni sul lavoro.

Ecco, dunque, quello che per ognuno di noi potrebbe essere una svolta ed una motivazione, anche sotto il profilo psicologico: uno stile di vita sostenibile sia per quanto riguarda il rispetto per l’ambiente, sia per quanto riguarda migliori relazioni sociali ed umane. Ed è su questi ultimi concetti che si concentra la Social Responsability, o Sostenibilità sociale, con cui si intende una equilibrata distribuzione delle condizioni necessarie per il raggiungimento del benessere sia individuale che collettivo. Obiettivi che, all’interno di un contesto lavorativo, si traducono anche in una maggior produttività aziendale.

Ed è in quest’ottica che clienti e fornitori, soprattutto appartenenti al mondo anglosassone, chiedono anche maggior rispetto per la diversity di genere, religione, etnia e cultura, dunque tutela delle pari opportunità e modelli comportamentali antidiscriminatori. Nel tempo, si sta diffondendo sempre di più la prassi con cui le aziende, prima di scegliere i propri partners, avanzano vere e proprie richieste di informazioni riguardo le misure adottate a tutela dell’ambiente, delle relazioni sociali e del benessere individuale. Il tutto con lo scopo di proteggere anche il loro stesso grado di valutazione raggiunto attraverso l’opinione e considerazione degli stakeholders. Da ciò, come già anticipato, non ne sono esclusi gli studi professionali. Per ora le aziende si sono limitate, quando accedono agli studi professionali, a dimostrare attenzione alle abitudini ed usi adottati all’interno degli stessi, ma ciò che si sta facendo strada è l’uso di un questionario, a cui sarà necessario rispondere attraverso una compilazione precisa e puntuale che porterà poi anche all’ottenimento di un punteggio a fronte delle valutazioni da parte degli appositi enti certificatori.

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