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T&P Magazine

Il punto sul welfare aziendale

A cura di Anna Minutolo

Ad oggi non esiste una definizione normativa di “welfare aziendale”, né esiste una disciplina organica della materia; tuttavia, stante l’interpretazione dottrinale, può essere definito come l’insieme di beni e servizi (benefit e prestazioni non monetarie) che l’azienda offre a beneficio dei propri dipendenti, sulla base di un accordo collettivo o di un atto unilaterale, al fine di migliorare la qualità della vita ed il benessere dei lavoratori e dei loro familiari.

Generalmente, i suddetti beni e servizi, rientrano tra quelli che l’art. 51, commi 2 e 3, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) esclude dalla retribuzione imponibile e sono solitamente esentati da contribuzione e da tassazione; mentre l’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 273 del 18 maggio 2022, ha chiarito che i servizi di welfare aziendale non sono detraibili per l’azienda ai fini IVA.

In particolare, perché sia applicabile il regime di favore di cui all’art. 51, commi 2 e 3, TUIR, è necessario che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di essi; al riguardo l’Amministrazione Finanziaria ha più volte precisato che non è applicabile il suddetto regime di favore se i beni (ivi incluse somme di denaro) o i servizi siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori (vedasi circolari del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 e 16 luglio 1998, n. 188; nonché circolari Agenzia delle Entrate 16 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2018 n. 5/E).

L’Agenzia delle Entrate ha, poi, precisato che le opere ed i servizi contemplati dalla suddetta norma possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o da parte di strutture esterne all’azienda, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio; pertanto, è applicabile il regime di favore di cui al summenzionato art. 51 TUIR nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o meno all’offerta proposta dal datore di lavoro; il lavoratore, quindi, non potrà pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.

I servizi di welfare possono essere suddivisi in cinque macro aree:

  • benessere e salute (fisica e mentale), rientrano in questa area rimborsi sulle spese sanitarie sostenute dai lavoratori oppure convenzioni con strutture e specialisti, servizi di sostegno psicologico online per dipendenti e familiari, abbonamenti per palestre, cura della persona, viaggi e cultura;
  • conciliazione famiglia e lavoro, fanno parte di questa area iniziative volte a garantire ai dipendenti un nuovo equilibrio con le necessità personali, quali permessi e congedi extra pagati dall’azienda, fondo – ore negoziato, servizi di baby – sitter, spese per asilo nido, buoni per shopping o spesa alimentare, buoni per il pagamento di mense, corsi di lingua, di informatica, di musica, tasse universitarie, libri di testo, campus estivi, gite scolastiche, agevolazioni per l’acquisto di device digitali e servizi di assistenza professionale per la cura di familiari anziani o non autosufficienti;
  • mobilità, rientra in questa area l’organizzazione di servizi di trasporto per i lavoratori per supplire alle carenze dei trasporti pubblici, ossia l’auto aziendale, l’erogazione o il rimborso di somme versate per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari, buoni carburante;
  • buoni pasto o servizi di “mensa diffusa” a fronte dei quali i lavoratori, anziché pranzare nella mensa interna, possono pranzare od ordinare il pranzo in ristoranti ed in esercizi commerciali convenzionati;
  • previdenza complementare, in tal caso parte del “conto welfare” viene destinato a contribuzione previdenziale per il fondo pensione.

L’art. 12 del D.L. Aiuti bis (decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, recante «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali», convertito nella legge 21 settembre 2022, n. 142) ha, altresì previsto, in deroga a quanto stabilito dall’art. 51, comma 3 del TUIR, che limitatamente al periodo di imposta 2022 (ossia per le somme pagate entro il 12 gennaio 2023), i fringe benefits di welfare aziendale possono essere utilizzati per il pagamento o il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas (solo per consumi effettuati nel 2022), entro il limite complessivo di € 600, aumentato ad € 3.000 dal Decreto Aiuti Quater.

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35 del 4 novembre 2022, ha, poi, chiarito, quanto alle bollette, che le utenze devono “riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese” e che sono rimborsabili anche le spese per le utenze condominiali, ma serve un’autocertificazione dell’effettivo pagamento delle stesse.

Inoltre, con la suddetta circolare è stato precisato che “i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di euro 200 per uno o più buoni benzina ed un valore di euro 600 (ora € 3.000, ndr) per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina)”.

In altre parole, l’innalzamento della soglia dei fringe benefit rappresenta un’agevolazione “ulteriore, diversa e autonoma” rispetto al bonus carburante. Un’azienda può quindi prevedere – solo per l’anno 2022 – 200 euro di buoni carburante e altri 3000 euro da spendere in altri beni e servizi previsti dalla normativa.

In conclusione, si deve ritenere che l’adozione di un piano di welfare aziendale favorisca il miglioramento della produttività, senza però compromettere la stabilità dell’impresa: da una parte, infatti, si crea un clima lavorativo positivo e si premia la produttività dei lavoratori e dall’altra si ottengono rilevanti benefici fiscali e migliori risultati di business.

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