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Il nuovo rito per i licenziamenti: reale semplificazione e accelerazione del processo?

A cura di Marina Olgiati

Nel quadro della Riforma della giustizia, Il 17 ottobre scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (supplemento ordinario n. 243) il D. Lgs. n. 149/2022, che, in attuazione della legge delega 26 novembre 2021, n. 206 ed in conformità con gli obiettivi fissati dal PNRR, si pone la finalità di semplificare, razionalizzare e rendere più celere il processo civile. Scopo della Riforma è il riassetto formale e sostanziale del processo civile.

La L. n. 206/2021 prevedeva una delega al Governo “per l’efficienza del processo civile e per la revisione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”. In esecuzione della delega, il D. Lgs. n. 149/2022 ha, in effetti, in via generale e tra le altre misure, introdotto norme che potenziano ed estendono l’ambito di applicazione di istituti come l’arbitrato, la negoziazione assistita e la mediazione in funzione di mezzi di risoluzione alternativa dei conflitti; ha poi previsto disposizioni che, con propositi di efficienza, tendono a concentrare il più possibile la fase preparatoria ed introduttiva del processo, a sopprimere le udienze superflue e ad unificare i riti.  In tale contesto, la Riforma è intervenuta anche sulle norme procedurali che disciplinano le controversie relative ai licenziamenti, inserendo nel libro II, titolo IV, del codice di procedura civile il Capo I-bis e gli artt. 441bis - 441quater. Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal 1° luglio 2023.

Dunque, da tale decorrenza, il processo del lavoro continuerà ad essere disciplinato dagli artt. 409 ss. del codice di procedura civile, ma con una disciplina speciale per le cause di licenziamento, che sostituirà definitivamente il c.d. rito Fornero (art. 1, commi da 47 a 69 della L. n. 92/2012). Nella prospettiva di semplificare il processo, il rito per i licenziamenti sarà unico, venendo così superato il diverso regime processuale attualmente applicabile a seconda della data di assunzione del lavoratore licenziato.

Le recenti previsioni stabiliscono, innanzitutto, una corsia preferenziale (“prioritaria”) per le cause di impugnazione del licenziamento nelle quali venga proposta domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, anche quando devono essere risolte questioni attinenti alla qualificazione del rapporto (art. 441bis).

Il nuovo procedimento è poi caratterizzato dai principi di celerità (perseguita mediante la possibilità di riduzione dei termini fino alla metà, purché sia rispettato il termine di venti giorni tra la data di notifica al convenuto o al terzo chiamato e quella della udienza di discussione e attraverso la trattazione congiunta di eventuali domande connesse e riconvenzionali ovvero la loro separazione) e di concentrazione (in particolare, la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria è attuata attraverso la riserva di particolari giorni, anche ravvicinati, nel calendario delle udienze; misura quest’ultima, peraltro, già prevista dalla Legge Fornero). Le medesime esigenze di celerità e concentrazione devono improntare anche le eventuali successive fasi di impugnazione.

Gli art. 441ter e 441quater si riferiscono poi, rispettivamente, al licenziamento dei soci delle cooperative (è stabilito che le azioni di impugnazione di tale licenziamento siano disciplinate dagli artt. 409 e seguenti cod. proc. civ. e che il giudice del lavoro decida anche sulle questioni relative al rapporto associativo, ivi compresa la cessazione di quest’ultimo, se da essa derivi la cessazione del rapporto di lavoro) e al licenziamento discriminatorio, rispetto al quale continuerà a coesistere una pluralità di riti. Viene, infatti, mantenuta la possibilità di scegliere, in alternativa al rito ordinario, i riti speciali ove ne ricorrano i presupposti (art. 38 del D. Lgs. n. 198/2006 e art. 28 del D. Lgs. n. 150/2011), precludendo però la possibilità di agire successivamente in giudizio con rito diverso per la stessa domanda.

Dall’esame delle norme emerge che il D. Lgs. non ha ben chiarito se i procedimenti introdotti con il rito Fornero e pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove norme debbano continuare secondo tale rito nei successivi gradi. L’art. 35 (“Disciplina transitoria”) dispone che le nuove norme “… si applicano ai procedimenti instaurati successivamente” al 30 giugno 2023, mentre “ai procedimenti pendenti alla data del 30 giugno 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”. La norma non è precisa: forse sarebbe stato meglio fare riferimento alle “impugnazioni” proposte dopo o prima della predetta data. In ogni caso, l’orientamento allo stato prevalente è quello per cui i giudizi iniziati con il rito Fornero debbano proseguire con il medesimo rito anche per i gradi successivi al primo. Pertanto, in attesa di chiarimenti, a seconda della soluzione che verrà adottata potrebbe accadere che, ancora per un tempo significativo, coesistano due tipologie di riti per i licenziamenti.

 Ad una prima valutazione e tenuto conto della finalità della novella, si può esprimere qualche dubbio circa il fatto che il nuovo rito sui licenziamenti semplifichi il processo e lo renda più celere.

Invero, si può convenire sul fatto che l’applicazione di un unico rito (qualunque sia la disciplina sostanziale applicabile al licenziamento impugnato) e il venire meno del giudizio bifasico tipico del rito Fornero semplifica la procedura; nondimeno, la nuova procedura potrebbe rivelarsi non più semplice di quella oggi vigente, per effetto del potere riconosciuto al Giudice di separare le domande (l’una di impugnazione del licenziamento e le altre di diversa natura, ad es. di differenze retributive). In tal caso, sortirebbe una duplicazione di contenziosi che attengono allo stesso rapporto di lavoro, allo stesso modo in cui ora accade quando il Giudice dispone la separazione delle domande ulteriori a quella di impugnativa del licenziamento che non rientrino nell'ambito di applicazione del rito Fornero. In definitiva, è ancora immaginabile “un doppio binario”: da un lato, si avranno impugnazioni di licenziamento accompagnate da domande accessorie, che verranno tutte decise secondo la “corsia preferenziale” perché il Giudice avrà ritenuto di doverle trattare congiuntamente; dall’altro lato, invece, cause di licenziamento che - per effetto del provvedimento di separazione - verranno decise disgiuntamente da altre domande contestualmente proposte, la cui decisione sarà dilatata in tempi verosimilmente più lunghi.

Ha suscitato poi qualche rimostranza la possibilità riconosciuta al Giudice di abbreviare i termini a seguito di delibazione sommaria del contenuto del ricorso (tenuto conto delle circostanze esposte in ricorso”) al fine di accelerare il procedimento, senza consentire al convenuto, in questa fase, alcun tipo di intervento. Ciò considerando che le difese del convenuto potrebbero pure incidere positivamente sull’accelerazione del processo: si pensi ai casi in cui, ad esempio, il convenuto offra prova documentale della fondatezza del licenziamento, consentendo così al Giudice di decidere subito la controversia.

In ogni caso, poiché l’entrata in vigore del nuovo rito non è prossima, è prevedibile che non mancheranno interventi chiarificatori, necessari per dirimere i vari dubbi interpretativi e per dare le opportune indicazioni sugli aspetti applicativi.

L’auspicio è che l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del processo si concretizzi realmente. L’osservazione non è retorica, considerato che anche il rito Fornero, nelle intenzioni del legislatore, era volto a garantire una celere definizione delle controversie in materia di licenziamento, almeno nella fase sommaria; purtroppo, dopo un avvio promettente, il sistema ha ben presto iniziato a funzionare a due velocità, cioè con tempi di decisione della fase sommaria variabili tra le poche settimane delle sedi giudiziarie più virtuose ai numerosi mesi (quando non addirittura anni!) di altre sedi. Questa volta, però, ci sono le premesse per una concreta attuazione degli obiettivi prefissati, tenuto conto che le novella interviene non solo sulle regole del processo, ma anche sull’organizzazione delle strutture giudiziarie (mediante il potenziamento degli organici e la messa a regime dell’Ufficio del processo) e che, attualmente, la riduzione dei tempi del processo non è una semplice intenzione ma costituisce uno degli obiettivi del PNRR, dal cui raggiungimento dipende l’erogazione dei fondi di notevole portata del Recovery plan.

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