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T&P Magazine

Il nuovo lavoro è tutto da scrivere

di Stefano Trifirò

Come è stato efficacemente detto, il futuro (o presente) del mondo del lavoro -conseguenza delle trasformazioni economiche e organizzative, della pandemia - è un ibrido tra mondo reale e mondo virtuale, senza più spazio né tempo.

Il lockdown è stato una formidabile occasione per le aziende per sperimentare nuove forme di lavoro digitale. Ma in realtà un mix di fattori , di nuovi modelli organizzativi, hanno profondamente innovato le modalità del lavoro.

L’impatto è stato travolgente per le aziende e i dipendenti, basti considerare che la prestazione lavorativa data di fatto in regime di smart working durante la pandemia, ha presupposto una modalità di organizzazione basata sulla flessibilità, sull’autonomia nella scelta dei luoghi e dei tempi anche a fronte di una maggiore responsabilizzazione del lavoratore, tutti fattori sconosciuti per il tradizionale lavoro subordinato.

Tra l’ altro nelle imprese fortemente digitalizzate, la collaborazione del prestatore di lavoro si è modificata: la gerarchia affievolita, un comunicazione sempre più lineare tra datore di lavoro e lavoratore ha fatto si che i lavoratori siano direttamente interessati anche sul risultato finale del lavoro.

Cosi, oggi riesce difficile accettare un ragionamento basato sul fatto che è sufficiente, per essere retribuiti, mettere a disposizione del datore di lavoro solo le proprie energie lavorative, senza obbligo di risultato. Sarebbe più adeguato retribuire la prestazione sulla base di una mansione proficuamente svolta nell’interesse dell’impresa, intesa come comunità di lavoro laddove imprenditori e lavoratori collaborano per il fine comune: vale a dire l’interesse dell’impresa.

In Europa si sta pensando di introdurre dei parametri di valutazione che tengano conto della mansione svolta, collegati con degli indicatori di prestazioni ritagliati ad personam.

Da qui ancora un rinnovato interesse per la valorizzazione della professionalità, cercando di realizzare il miglior equilibrio possibile tra organizzazione della produzione e contenuto professionale, anche al fine di considerarla, come detto, in un ottica premiale e integrativa, restando sempre salvo il contratto individuale di migliore favore.

Ciò detto , non rimane in dubbio che il lavoro umano debba essere tutelato anche nell’ambito della rivoluzione di internet e dell’intelligenza artificiale, laddove la prestazione lavorativa viene resa senza tempo e senza luogo.

L’E.U. ritiene non sia ammissibile che in capo la prestatore digitale sussista un indiscriminato obbligo del lavoratore di mantenersi connesso e quindi già sulla base delle regole generali di buona fede e correttezza nell’ esecuzione del contratto viene riconosciuto il diritto del lavoratore a non rispondere o spegnere il cellulare anche nel rispetto del diritto alle ferie e del riposo settimanale che sono considerati anche dalla Corte di Giustizia come diritti di particolare importanza e taluni rinunciabili, come il diritto alle ferie, sia dalla Costituzione italiana (art. 36 Cost.) sia dalla Carta Europea dei Diritti Fondamentali (art. 31.2.).

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