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Il contratto di lavoro a chiamata dopo il Decreto Dignità: una possibile alternativa?

Il contratto di lavoro a chiamata dopo il Decreto Dignità: una possibile alternativa?

A cura di Damiana Lesce

 

Il contratto di lavoro a chiamata (anche, contratto di lavoro intermittente o job on call) è disciplinato dall’art. 13 del D.lgs. 81 del 2015.

Con tale contratto un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente; può essere stipulato sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato.

Nell’ipotesi in cui sia pattuito a tempo determinato, è corretto chiedersi se esso sia soggetto alle nuove regole applicabili ai contratti a termine.

Né il Decreto Dignità né la legge di conversione (legge 9 agosto 2018, n. 96) dicono alcunché in proposito. Neppure si rinvengono riferimenti al tema di che trattasi nella Circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 con la quale il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni interpretative sul Decreto Dignità.

Andando, tuttavia, a ritroso nel tempo, il Ministero del Lavoro si era già espresso, e lo aveva fatto in senso negativo.

In particolare, con l’interpello n. 72 del 12 ottobre 2009, richiamando una sua precedente circolare (n. 4/2005), il Ministero del Lavoro aveva confermato che, per il lavoro intermittente, qualificato come “una fattispecie lavorativa sui generis”, non trovava in alcun modo applicazione il D.Lgs n. 368/2001.

Benchè la posizione del Ministero allora espressa facesse riferimento alla pregressa normativa sui contratti a termine (il D.lgs. n. 368 del 2001), non appaiono esservi preclusioni ad adottare la stessa interpretazione anche in presenza della nuova disciplina di cui al Decreto Dignità.

Su tale presupposto, il lavoro a chiamata potrebbe essere un valido strumento per gestire i picchi stagionali, le attività saltuarie, le variazioni di attività nel corso dell’anno.

Quanto sopra, naturalmente nel rispetto dei limiti previsti dalla speciale normativa di riferimento (art. 13 del D.lgs. 81 del 2015). E’ possibile il ricorso al lavoro a chiamata (1) nel caso in cui il contratto collettivo, nazionale o di secondo livello, abbia disciplinato le modalità di utilizzo; (2) in mancanza di tali previsioni contrattuali,  qualora l’attività da avviare sia una di quelle previste dal Regio Decreto n. 2657/1923 e (3) indipendentemente da una previsione contrattuale o da una particolare attività discontinua con soggetti con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno di età) o con più di 55 anni di età.

 

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