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Green Pass in azienda: in attesa di sviluppi, è centrale il giudizio del medico competente

Di Stefano Trifirò

Già alcuni mesi fa, tra i primi, avevo affrontato il problema di quelle che avrebbero potuto essere le conseguenze per i lavoratori non vaccinati in azienda, soffermandomi, da una parte, sulla necessità da parte del datore di lavoro di dover tutelare la privacy dei dipendenti e, dall’altra parte, sull’obbligo del rispetto dell’art. 2087 cod. civ., norma che impone all’imprenditore il dovere di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, dell’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Avevo concluso sostenendo che la decisione spontanea del dipendente di non vaccinarsi avrebbe potuto comportare la sua sospensione dalla prestazione lavorativa, in caso di impossibilità di assegnazione ad una diversa mansione, fermo restando il giudizio del medico aziendale che può ritenere inidoneo il lavoratore in considerazione della tipologia di mansioni da svolgere ed il rischio di contagio esistente all’interno del contesto lavorativo per sé e per gli altri.

Ora è intervenuta la pronuncia del Tribunale di Roma, con cui è stato ritenuto legittimo il comportamento del datore di lavoro che ha sospeso dalla prestazione lavorativa e dalla retribuzione una dipendente,  la quale ha deciso volontariamente di non vaccinarsi. Il datore di lavoro non aveva la possibilità di adibire la lavoratrice ad altra mansione e da qui la decisione di sospenderla fino alla cessazione delle restrizioni legate alla diffusione del Covid – 19, ovvero fino ad un eventuale giudizio di idoneità (ad esempio, nel caso in cui la lavoratrice decida di sottoporsi al vaccino). Nella motivazione della sentenza è prevalso l’obbligo del datore di lavoro al rispetto dell’art. 2087 cod. civ.

Di indirizzo difforme il Tribunale di Treviso- luglio 2021 che ha ritenuto illegittimo il licenziamento di una dipendente che non aveva informato il datore di lavoro di aver avuto, tramite un cliente, un contatto indiretto con una persona positiva al Covid 19, perché nel caso concreto la situazione non rappresentava un serio pericolo per la sicurezza sul lavoro.

Ritornando alla motivazione del Tribunale di Roma la stessa fa riferimento anche all’art. 20 del D. Lgs. N. 81/2008, in base al quale ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

Naturalmente, il giudizio del medico aziendale è fondamentale ai fini della sospensione anche dalla retribuzione, in quanto, sulla base della giurisprudenza di merito che ha già avuto modo di  esprimersi sul punto in passato in ipotesi differenti, se il medico competente ritiene un dipendente inidoneo a svolgere le mansioni alle quali è assegnato, il datore di lavoro può legittimamente rifiutarsi di ricevere la prestazione e sospenderlo anche dalla retribuzione.

La pronuncia del Tribunale di Roma è rilevante in quanto emessa in un periodo in cui l’ipotesi del Green Pass obbligatorio in azienda è in discussione, ma non è il primo caso, essendoci già altri precedenti, come quello del Tribunale di Modena, anche se in contesti lavorativi differenti.

E’ evidente, dunque, che l’orientamento giurisprudenziale ad oggi è a favore della necessità dell’obbligo del Green Pass in azienda, in considerazione anche del fatto che il Green Pass presenta il vantaggio di poter tutelare la privacy del dipendente, da una parte, e permette al datore di lavoro anche di garantire idonee condizioni lavorative, tutelando la salute di tutti i dipendenti.

Ad oggi le certificazioni che attestino l’avvenuta vaccinazione sono ritenute necessarie per determinate categorie di lavoratori (es. professioni sanitarie ex art 4, D. L. n. 44/2021).

Inoltre il Garante della Privacy ha emesso diverse indicazioni secondo cui il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale.

Il medico competente può trattare i dati relativi alla vaccinazione dei lavoratori, ma non può comunicarli al datore di lavoro. Se il medico competente considera il vaccino una misura di sicurezza essenziale, compatibile con le mansioni svolte dal lavoratore, potrà informare il datore di lavoro circa l’idoneità con eventuali limitazioni del singolo lavoratore alla specifica mansione.

In ambito giuslavoristico vi sono due orientamenti: uno secondo cui incombe al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per garantire un ambiente di lavoro sicuro e ciò costituirebbe una base giuridica sufficiente perché il datore di lavoro possa imporre la vaccinazione. A sostegno di questa tesi la sentenza del Tribunale di Modena 23 luglio 2021 e del Tribunale di Verona 24 maggio 2021; l’altro orientamento secondo cui il datore di lavoro potrebbe sospendere il lavoratore no vax solo in presenza di un giudizio di idoneità del medico competente. In questi giorni si sta discutendo circa la richiesta del Green Pass per l’accesso alla mensa aziendale. In attesa degli sviluppi occorrerà attenersi a quanto sopra.


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