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Genuinità dell’appalto: sì alle direttive impartite dall’appaltante

Genuinità dell’appalto: sì alle direttive dell’appaltante relative alle modalità temporali e tecniche di esecuzione del servizio, se questi profili sono stati regolati nel contratto d’appalto

Causa seguita da Giacinto Favalli e Barbara Fumai

Tribunale di Trento sez. lav. – ordinanza 13 marzo 2018

L’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e di controllo dell’appaltante è considerato uno degli indici principali per valutare la genuinità di un appalto.

Sono stati ritenuti, tuttavia, compatibili con l’appalto genuino sia l’esercizio del potere di individuazione del contenuto e delle modalità temporali e tecniche di esecuzione dell’opera o del servizio da parte dell’appaltante, a condizione che questi profili siano stati regolati dal contratto d’appalto sottoscritto, sia il controllo e la verifica dello svolgimento dei lavori secondo la previsione di cui all’art. 1662 c.c.

Ne consegue che, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, non è sufficiente che il personale dell’appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore, occorrendo invece verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro o, invece, alle modalità temporali e tecniche di esecuzione del servizio, dell’opera, o al risultato dell’attività, predeterminate nel contratto d’appalto. Nel primo caso, vizierebbero la genuinità dell’appalto, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, sottratte all’appaltante; nel secondo, sarebbero invece compatibili con il contratto in essere.

Le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, per altro profilo, consentirebbero di individuare l’eventuale sussistenza di un rapporto di subordinazione diretta con l’appaltante.

Nel caso di specie, si discuteva in merito all’appalto endoaziendale di un servizio di redazione giornalistica, nell’ambito del quale, il lavoratore, agendo con un ricorso ex art. 1 co. 48 L. 92/2012, rivendicava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la Società appaltante e la conseguente illegittimità della sua cessazione, equiparandola a un licenziamento.

Il Giudice, sulla base della documentazione prodotta e delle deposizioni testimoniali assunte, ha ritenuto genuino l’appalto in questione e ha rigettato tutte le domande proposte nei confronti dell’appaltante. Ciò in quanto le modalità di esecuzione delle prestazioni rese (con particolare riferimento a tempi di lavoro, luogo di lavoro e supervisione degli elaborati da parte dell’appaltante) sono risultate, in concreto, conformi alle previsioni del contratto d’appalto e non conseguenza dell’esercizio di poteri unilaterali da parte dell’appaltante. Altro fattore determinante nella decisione è stato rinvenuto nella circostanza che l’appaltatore (una società di comunicazione) fosse un’impresa non fittizia, che si era assunta un rischio di impresa e possedeva uno specifico know-how nel settore oggetto dell’appalto.

Il Giudice ha, tuttavia, sottolineato che le modalità di esecuzione del servizio, pur non essendo idonee ad attribuire natura fittizia all’appalto, erano indubbiamente idonee ad integrare una condizione di subordinazione del ricorrente (un giornalista iscritto all’albo che aveva lavorato con contratto di collaborazione) rispetto all’appaltatore. Solo attraverso l’impiego di lavoratori subordinati, infatti, la società di comunicazione avrebbe potuto adempiere alle obbligazioni assunte nel contratto d’appalto, atteso che - pur nell’ambito di una subordinazione c.d. attenuata - era richiesto al giornalista un inserimento continuativo e organico nell’organizzazione dell’appaltatore e, quindi, la permanente disponibilità a prestare la propria attività per adempiere alle prestazioni di cui al contratto d’appalto.

Considerato, tuttavia, che il ricorrente aveva azionato nei confronti dell’appaltatore, in via subordinata, solo una domanda di accertamento della genericità o inesistenza del progetto e che - nella successione dei contratti di collaborazione sottoscritti con l’appaltatore - aveva siglato un solo contratto progetto; considerato, altresì, che il ricorrente - come eccepito dall’appaltatore - aveva impugnato ben oltre il termine di decadenza di cui all’art. 32 d.lgs. 183 del 2010, il Giudice ha concluso ritenendo il ricorrente decaduto dalla possibilità di far valere la subordinazione anche nei confronti dell’appaltatore.

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