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Fino a quando l’assenza può essere giustificata?

A cura di Angelo Di Gioia

Fino a quando il lavoratore può inviare al datore di lavoro il certificato medico per giustificare la propria assenza per malattia? La risposta a tale domanda potrebbe sembrare agevole, dato che, di norma, i contratti collettivi, o, in mancanza, i regolamenti aziendali, dettano specifiche previsioni al riguardo, prescrivendo la trasmissione della certificazione medica entro il secondo o il terzo giorno di assenza.

Una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n. 33134 del 10 novembre 2022) ha esaminato la questione fornendo utili spunti di riflessione.

La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte è riferita al licenziamento per giusta causa comminato a un lavoratore di una azienda del settore tessile che era rimasto assente per sette giorni consecutivi senza trasmettere alcuna certificazione medica per giustificare la propria assenza, nonostante il CCNL prevedesse l’invio del certificato medico entro il terzo giorno dall’inizio dell’assenza. Solo dopo avere ricevuto la contestazione, il lavoratore si era giustificato presentando un certificato medico, per di più rilasciato dal proprio medico curante in data successiva al periodo di assenza.

La Corte di Cassazione, nell’occasione, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa, rilevando che il CCNL applicato al rapporto di lavoro prevedeva la sanzione espulsiva solo in caso di assenza ingiustificata, mentre puniva con la sanzione conservativa della multa il ritardo nell’invio del certificato. Per tale ragione, dato che il lavoratore aveva giustificato l’assenza, seppure in ritardo, la Corte ha ritenuto illegittimo il licenziamento in quanto sproporzionato rispetto alle previsioni del CCNL, reputando che la certificazione medica fosse comunque utilizzabile alla luce di precedenti certificati medici attestanti lo stato di malattia del lavoratore, nonché in ragione della particolare patologia da cui era affetto del lavoratore.

La Corte di Cassazione, dunque, ha fornito una interpretazione strettamente letterale delle previsioni contenuto nel CCNL oggetto di esame, ritenendo sostanzialmente che l’assenza ingiustificata non possa essere contestata laddove il lavoratore trasmetta il certificato medico in ritardo, ma solo ove il certificato non venga proprio inviato.

Nel motivare la decisione, però, la Suprema Corte ha ritenuto di aggiungere una importante precisazione in merito alla valutazione del ritardo.

In particolare, la Corte ha dapprima affermato che “la giustificazione dell'assenza non può che essere per sua natura prossima all'evento perché l'accertamento da parte del medico di fiducia non può sopravvenire a distanza di lungo tempo senza che ne siano presenti ragionevoli giustificazioni connesse ad accertamenti necessari. Il rilievo disciplinare del ritardo nella comunicazione è espressione della reazione datoriale al disagio organizzativo causato dalla condotta del lavoratore. L'assenza, tardivamente giustificata, è punita con la sanzione conservativa” sulla base della previsione contenuta nel CCNL (nel caso di specie, il CCNL Tessili).

La stessa sentenza ha poi chiarito che il ritardo deve comunque essere contenuto, in quanto “ove, invece, l'arco temporale si dilati oltremodo viene meno la possibilità stessa di ritenere l'assenza, seppur tardivamente, giustificata e, dunque, la condotta potrà essere valutata nei più rigorosi termini” previsti dal medesimo CCNL per l’assenza priva di giustificazione.

Tali ultime considerazioni fanno dunque sorgere la domanda posta in apertura: laddove il CCNL preveda la sanzione del licenziamento in caso di assenza ingiustificata prolungata (di norma, i contratti collettivi prevedono almeno tre giorni di assenza ingiustificata), dopo quanti giorni di assenza il lavoratore potrà presentare il certificato medico, anche in ritardo rispetto alle previsioni del CCNL, senza incorrere nel licenziamento?

La risposta deve essere valutata caso per caso, come sembra potersi evincere dalla decisione in commento, valorizzando le circostanze concrete, che devono sempre guidare ogni decisione in materia disciplinare. In particolare, occorrerà considerare il momento in cui viene emesso il certificato medico (se durante il periodo di malattia o successivamente), la sussistenza di ragioni idonee a giustificare il ritardato invio da parte del lavoratore, l’essere il lavoratore eventualmente affetto da particolari patologie (se note al datore di lavoro) e così via.

Particolare rilievo assumerà soprattutto il comportamento del lavoratore, posto che la trasmissione del certificato medico al termine del periodo di assenza e il decorso di diversi giorni di assenza potrebbero già essere idonei a considerare ingiustificata l’assenza, in quanto in simili casi viene impedito al datore di lavoro di poter verificare l’effettiva sussistenza dello stato di malattia attraverso le strutture pubbliche preposte ai controlli, che certamente non posson essere chiamate a intervenire ex post.

Occorre, dunque, verificare attentamente le previsioni contenute nel contratto collettivo e nel regolamento aziendale, valutando correttamente il comportamento del lavoratore al momento della decisione della eventuale sanzione da comminare.

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