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Elementi rilevanti ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro (autonomo o subordinato) tra un medico e una struttura sanitaria

Elementi rilevanti ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro (autonomo o subordinato) tra un medico e una struttura sanitaria

Causa seguita dall'avv. Tommaso Targa

Trib. Milano, ordinanza 18 dicembre 2018

 

Con l’ordinanza in commento, il Tribunale di Milano si è pronunciato nell’ambito della controversia in cui un medico, a fronte di una collaborazione ultra trentennale con una struttura sanitaria, ha rivendicato la natura subordinata del rapporto e qualificato come licenziamento la comunicazione di recesso aziendale, con conseguente domanda di reintegrazione.

Nel ritenere genuina la qualificazione autonoma e libero professionale del rapporto, il Tribunale ha evidenziato gli aspetti che seguono.

Anzitutto, sebbene in relazione ad una attività di natura intellettuale il potere datoriale sia necessariamente attenuato, è comunque necessario accertare l’esistenza di direttive di carattere generale relative non solo ai contenuti della prestazione, ma anche alle modalità organizzative della stessa (ferie, turni, assenze). Inoltre, deve sussistere un potere gerarchico e disciplinare che appare implausibile laddove, nell’arco di oltre trent’anni, il medico non abbia dedotto nemmeno un richiamo o un ordine di qualunque natura.

In secondo luogo, ha assunto rilevanza decisiva il fatto che il medico, pur avendo chiesto più volte in costanza di rapporto di essere assunto, ha poi rifiutato le condizioni contrattuali proposte dalla struttura sanitaria, ritenendole incompatibili con le proprie esigenze personali e professionali. In sostanza, il Tribunale ha sottolineato che, nella qualificazione del rapporto, occorre considerare la volontà espressa dalle parti e tener conto che il mantenimento di un rapporto di natura autonoma rispondeva agli interessi anche del professionista.

Infine, l’ordinanza ha sottolineato la totale assenza di obblighi di esclusiva: il medico lavorava anche presso altre strutture e, come è emerso documentalmente, il proprio fatturato era prevalentemente ricavato dalle attività ultronee rispetto a quelle svolte per conto dell’azienda sanitaria convenuta. Inoltre, ricevendo un compenso variabile, in misura percentuale rispetto ai pagamenti dei pazienti da lui curati, il medico non poteva sostenere di ricevere una “retribuzione” e, in ogni caso, partecipava al rischio d’impresa.

 

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