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DOLO DELL’ASSICURATORE: QUANDO LA POLIZZA È VALIDA

(Trib. Milano 13 marzo 2019)

Causa seguita da Bonaventura Minutolo e Francesco Torniamenti

Il dolo dell’assicuratore non è causa di annullamento della polizza assicurativa, se interviene in un momento successivo alla formazione del consenso dell’assicurato a stipulare il contratto.

Il Tribunale di Milano, affermando il suddetto principio, ha respinto la domanda di un assicurato che aveva chiesto l’annullamento di una polizza vita sul presupposto che il suo consenso a stipulare la stessa fosse stato viziato da artifici e raggiri dell’assicuratore.

In particolare, l’attore aveva dedotto di aver riscattato rilevanti importi da una polizza vita per investirli su una nuova; tale operazione aveva però causato l’applicazione di alcune penali di cui l’assicurato non sarebbe stato informato. L’assicurato sosteneva, inoltre, di non aver mai sottoscritto la quietanza di riscatto dalla polizza vecchia e che la firma ivi apposta era stata falsificata.

Il Tribunale, dopo aver accertato che la sottoscrizione apposta sulla quietanza di riscatto della prima polizza era effettivamente falsa (come dichiarato da un perito nominato in giudizio) ha escluso che tale circostanza potesse aver inciso sulla formazione del consenso dell’assicurato avendo, questi, espresso la volontà di riscattare la vecchia polizza e di sostituirla con quella nuova in epoca antecedente alla falsificazione della quietanza. Era, invece, provato che l’assicurato fosse stato informato delle penali e dei costi che il riscatto della vecchia polizza avrebbe comportato e che, nonostante ciò, avesse accettato tale operazione.

L’attore, in subordine, chiedeva al Tribunale la risoluzione per inadempimento di tutte le polizze che aveva in portafoglio – anche quelle estranee alla suddetta operazione - “per aver perso la fiducia” nella compagnia a fronte delle falsificazioni di cui sopra. Anche tale domanda, però, è stata respinta dal Tribunale: infatti, la generica perdita di fiducia nei confronti della controparte non può costituire, di per sé sola, valido motivo di risoluzione del contratto essendo, a tal fine, necessario provare la sussistenza di specifici inadempimenti contrattuali, nella fattispecie non dimostrati.

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