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Condizioni per la revoca cautelare degli amministratori nella S.r.l.

Condizioni per la revoca cautelare degli amministratori nella S.r.l.

A cura di Vittorio Provera

La diffusione dell’utilizzo delle Società a responsabilità limitata per l’avvio di nuove iniziative di impresa, anche in settori di ricerca, innovazione o dei servizi, è stato sicuramente favorito dalle nuove disposizioni normative e fiscali, che hanno reso più agevole e meno oneroso il ricorso a tale forma societaria.

Per altro verso tale diffusione può innescare, tuttavia, un maggior numero di conflitti, derivanti da contrasti nelle gestioni societarie e nei rapporti tra amministratori (molto spesso anche soci), che possono condurre a contenziosi giudiziari, anche con richieste di revoca e/o estromissione di taluni componenti. Su questo tema si segnala una pronuncia del Tribunale di Milano, Sezione specializzata delle Imprese,  del 15 febbraio 2017, in merito ad una domanda cautelare di revoca degli amministratori,  ai sensi dell’art. 2476 comma 3 c.c..

Come è noto, con Decreto Legislativo n. 6 del 2003 si è attuata la riforma del Diritto Societario, con modifica di talune norme fra cui il  testo dell’art. 2476 comma 3 c.c., che così recita: “L’azione  di responsabilità è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della Società,  che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi”.

Orbene, richiamando tale norma, il Socio di una S.r.l. ed anche amministratore (che chiameremo M.I.) -  titolare di una partecipazione  al 50% nella Società che chiameremo (Zeta),  operante nel settore della consulenza in tema di energia da fonti rinnovabili - depositava ricorso d’urgenza, chiedendo la revoca, in via cautelare, dalla carica di amministratori degli altri due componenti del Consiglio di Amministrazione (che identificheremo come M.F. e M.B.).

Da segnalare che detti Amministratori erano anche soci della Società Zeta (uno deteneva direttamente il 20% del capitale e l’altro il residuo 30%, tramite una società che chiameremo Kappa).

Il ricorrente (socio di maggioranza relativa, nonché Amministratore), basava il proprio ricorso cautelare addebitando agli altri Consiglieri - quanto al cd fumus boni iuris - : (i) l’avvenuta l’effettuazione di spese non inerenti l’attività sociale ed in particolare il pagamento di compensi a legali, concernenti attività difensive svolte nell’esclusivo interesse degli amministratori; (ii) l’acquisto, mediante l’uso di carte di credito aziendali, di beni  e l’esecuzione di pagamenti privi di giustificativo, nonché l’acquisto di beni superflui nonostante le difficoltà della Società; (iii) l’unilaterale ritiro da parte di uno degli Amministratori dei libri sociali, custoditi presso lo studio incaricato della contabilità; (iv) l’indebita appropriazione da parte della Società Kappa (socia della Zeta) - nonché di altre società riconducibili direttamente ai soci convenuti - di alcuni progetti già sviluppati dalla predetta società Zeta, con una condotta qualificata come concorrenza sleale; (v) ulteriori comportamenti finalizzati alla illegittima estromissione del ricorrente dall’Organo gestorio.

Per quanto concerne il cd periculum in mora, l’attore aveva lamentato oltre a condotte aventi lo scopo di estrometterlo, anche l’intenzione  di escluderlo dalla gestione di un importante contenzioso in essere tra la società Zeta ed una Cliente della stessa, nei confronti della quale la società Zeta aveva ottenuto un sequestro  conservativo a fronte di rilevanti crediti rimasti impagati, per  attività rese.

I resistenti contestavano tutti gli addebiti, imputando al ricorrente di aver svolto una prospettazione strumentale e lacunosa ommettendo, fra gli altri, l’esistenza di un proprio specifico interesse nella conduzione del contenzioso con la Società Cliente, in quanto vi era una vertenza in corso tra lo stesso amministratore ricorrente e la predetta Azienda.

Inoltre, erano contestate anche le altre doglianze, allegando che le spese personali erano state sostenute dalla società Kappa a titolo di anticipo sugli utili dei soci, secondo accordi tra i medesimi. Le altre spese si erano rese necessarie per l’acquisto di strumenti di lavoro e per mobili utili a fini sociali; mentre la custodia dei libri della S.r.l. era inquadrata nella conflittualità insorta tra i soci, in dipendenza di condotte asseritamente abusive imputate al ricorrente. Anche per quanto concerne l’illecito concorrenziale,  erano state respinte le prospettazioni di parte attrice.

Il Tribunale di Milano, con la pronuncia in esame,  ha rigettato il ricorso ai sensi 2476, 3° comma c.c., rilevando  l’inesistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ovviamente, in correlazione al carattere sommario proprio del procedimento cautelare.

In sintesi, secondo il Tribunale “l’originaria prospettazione del ricorrente in termini di una gestione complessivamente irregolare ad opera degli altri due amministratori, sia per profili patrimoniali  sia per profili di una sua indebita estromissione dall’organo gestorio, appare ridimensionato dalla contrapposta prospettazione dei resistenti,  relativa all’insorgere di un conflitto endosocietario, avendo il suo fulcro nella diversificazione degli interessi dei due gruppi di soci.

In tale contesto, per il Tribunale non si è raggiunta la prova, in sede sommaria, di fatti specifici che fossero di tale evidente gravità da  configurare, non una semplice perdita di fiducia nei confronti degli amministratori convenuti, ma  la sussistenza di gravi condotte di mala gestio integranti un rilevante pregiudizio, correlato alla permanenza in carica dei predetti amministratori. Nel caso di specie, come detto, tali requisiti non erano presenti, cosicchè, considerata la complessiva situazione societaria come sopra riportata, la permanenza in carica del solo amministratore ricorrente ( a fronte della richiesta revoca degli altri) non avrebbe rappresentato, per i Giudici,  una misura idonea ed indispensabile a tutelare gli interessi sociali.

Da sottolineare, per completezza di informazione, che in altro provvedimento reso dal Tribunale di Milano in date 21 gennaio 2016, la misura cautelare era stata concessa a fronte di una condotta dell’organo gestorio che aveva omesso la convocazione dell’assemblea per l’esame e l’approvazione del bilancio di esercizio,  “con l’inevitabile conseguenza della continuazione della gestione societaria senza ordine in mancanza di una aggiornata rendicontazione della situazione economica e patrimoniale, che costituisce anche situazione idonea a scoraggiare i terzi dall’intraprendere rapporti negoziali con la società”.

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