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In ipotesi di pretesa patologia correlata all’amianto, il nesso causale deve essere dimostrato in modo rigoroso, a cura del ricorrente

In ipotesi di pretesa patologia correlata all’amianto, il nesso causale deve essere dimostrato in modo rigoroso, a cura del ricorrente

Corte d’Appello di Perugia, sentenza 7 novembre 2016

In ipotesi di decesso di un lavoratore a fronte di una patologia tumorale, diversa da mesotelioma, il nesso causale con la pretesa esposizione ad amianto deve essere dimostrato in modo rigoroso, a cura degli eredi che hanno agito per il risarcimento dei danni jure proprio e jure hereditatis.

Nel caso di specie, la sentenza in commento, confermando il decisum del Tribunale di Spoleto, ha ritenuto insufficienti a dimostrare la natura professionale della malattia gli elementi forniti dagli eredi del lavoratore per dimostrare il nesso causale.

Anzitutto, non è rilevante il decesso per patologie tumorali di altri lavoratori addetti allo stesso stabilimento, sia perché tali lavoratori erano assegnati a reparti e mansioni differenti da quelle del de cuius, sia perché solamente in un caso si è trattato di mesotelioma pleurico (patologia tabellata, tipicamente riconducibile ad esposizione ad amianto). In ogni caso, trattandosi di pochi casi su centinaia di dipendenti, la circostanza è stata ritenuta priva di significatività statistica.

In secondo luogo, poiché il lavoratore deceduto era un accanito fumatore, l’abitudine tabagica è stata ritenuta di per sé stessa causa determinante della patologia per la quale il medesimo è deceduto, ossia un carcinoma polmonare bilaterale. Ciò vale a maggior ragione perché, dalla documentazione agli atti, risulta che il lavoratore fosse affetto da bronchite cronica, tipica patologia cronica correlata al fumo, mentre non presentava placche pleuriche, che rappresentano un elemento oggettivo comprovante una pregressa esposizione a dosi di amianto, ancorché basse. Nemmeno risultavano, in capo al de cuius, altre patologie asbestocorrelate, quali fibrosi pleurica bilaterale e/o  fibrosi interstiziale.

Infine, la sentenza ha evidenziato che le mansioni del lavoratore, che faceva il magazziniere addetto alla ricezione e spedizione delle merci, non potevano comportare alcuna significativa esposizione ad amianto, seppur presente in stabilimento. Il medesimo non si occupava, infatti, né di coibentazione, né di manutenzione, attività queste ultime che di norma espongono al rischio di inalazione di fibre d’amianto in misura tale da integrare la cosiddetta “trigger dose” che può scatenare il processo patologico degenerativo prodromico al mesotelioma.

Causa curata da Tommaso Targa

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