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È possibile licenziare per scarso rendimento il dipendente ripetutamente assente per malattia?

Scritto da Luca D'Arco | 3 gennaio 2023

A cura di Luca D'Arco

La Suprema Corte di Cassazione con la recente decisione n. 36188 del 12 dicembre 2022 ha affrontato nuovamente la fattispecie dello scarso rendimento.

Precisiamo che lo scarso rendimento esaminato dai Giudici di legittimità non è quello legato ad un eventuale reiterata prestazione /produttività inferiore rispetto a quella resa dai colleghi, ma quella legata alla eccessiva morbilità.

Più precisamente, il lavoratore era stato licenziato a seguito di numerose assenze (anche brevi) per malattia le quali pur ripercuotendosi pesantemente sull’organizzazione dell’impresa e rendendo scarsamente utilizzabile la prestazione del lavoratore quando presente, erano comunque in misura inferiore al periodo di conservazione del posto (c.d. periodo di comporto) previsto dal CCNL applicato. Secondo la Corte di Cassazione, la malattia non rileverebbe ai fini dello scarso rendimento, in quanto le regole dettate dall'art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze da malattia del lavoratore prevalgono sulla disciplina dei licenziamenti individuali, in quanto speciali ed impediscono al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cd. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice, essendo il superamento di tale limite l’unica condizione di legittimità del recesso e questo nell'ottica di un contemperamento tra gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi, senza perdere i mezzi di sostentamento), riversando sull'imprenditore, in parte ed entro un determinato tempo, il rischio della malattia del dipendente.

Ne deriva, per i Giudici di legittimità, che la non utilità della prestazione per il tempo della malattia costituisce un evento previsto e disciplinato dal legislatore con conseguenze che possono portare alla risoluzione del rapporto di lavoro solo dopo il superamento del periodo di comporto disciplinato dall'art. 2110 c.c. e dalla contrattazione collettiva.

In applicazione di tali principi lo scarso rendimento e l'eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non possono legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Tale decisione si pone in continuità con altri recenti precedenti della Suprema Corte (tra i quali ricordiamo Cass. 7 dicembre 2018, n. 31763, oppure Cass. 13 giugno 2018, n. 15523) ed in contrasto con la nota sentenza n. 18678 del 4 settembre 2014.

Si ricorda che nella vicenda esaminata allora dalla Corte di Cassazione in era stato ritenuto legittimo il licenziamento per scarso rendimento nel particolare caso di assenze per malattia che si erano verificate “a macchia di leopardo”, e più precisamente:

- per un numero ridotto di giorni (di solito due o tre, con conseguente accollo integrale da parte del datore di lavoro del relativo trattamento economico);

- reiterate spesso nell’ambito dello stesso mese;

- comunicate quasi tutte all’ultimo momento e tali da comportare difficoltà a reperire sostituti e compromettendo in tal modo la regolare produzione;

- sistematicamente agganciate a giorni di riposo, ferie o festività;

- insorte contestualmente a quando il lavoratore doveva effettuare il turno di fine settimana o il turno notturno, causando con ciò forti malumori nei colleghi.

Alla luce di tale specifico contesto fattuale, la Suprema Corte aveva ritenuto legittimo il licenziamento (per giustificato motivo oggettivo) per scarso rendimento anche se non c’era stato superamento del periodo di comporto, risultando provato, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro che le assenze tattiche che davano luogo ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per la società datrice di lavoro, rivelandosi la stessa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale.

La decisione del 2014 tuttavia ha rappresentato un unicum e la giurisprudenza successiva e da ultimo quella in commento ha ribadito come le assenze per malattia non rilevano ai fini dello scarso rendimento e quand’anche la morbilità sia eccessiva, pur causando disagi organizzativi, non può determinare di per sé il licenziamento sino a quando non venga superato il periodo di comporto.