Causa seguita da Salvatore Trifirò e Tommaso Targa
Corte di cassazione, sentenza 1 giugno 2018
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha rigettato il ricorso per revocazione proposto avverso una sentenza pronunciata dalla stessa Corte.
Anzitutto, la Cassazione ha richiamato la propria consolidata giurisprudenza in materia di errore di fatto revocatorio, il quale deve risultare dagli atti o documenti della causa: “vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita. Tale genere di errore presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio e, dall'altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (per tutte Cass. SS.UU. n. 5303 del 1997; v. poi Cass. SS.UU. n. 561 del 2000; Cass. SS.UU. n. 15979 del 2001; Cass. SS.UU. n. 23856 del 2008; Cass. SS.UU. n. 4413 del 1016)”.
La sentenza ha, quindi, evidenziato che “in generale l'errore non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l'interpretazione dei fatti storici; deve avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l'errore la pronuncia sarebbe stata diversa (tra le ultime v. Cass. n. 14656 del 2017)”.
Di conseguenza, “non è idoneo ad integrare errore revocatorio l'ipotizzato travisamento, da parte della Corte di Cassazione, di dati giuridico-fattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l'interpretazione dei contenuti espositivi degli atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale quand'anche risulti errata - di revocazione (Cass. n. 14108 del 2016; Cass. n. 13181 del 2013)”.
Da ultimo, “in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione per errore di fatto, nel caso in cui la declaratoria di inammissibilità, contenuta nella sentenza revocanda, si regga su due autonome rationes decidendi, una sola delle quali revocabile perché viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell'errore revocatorio, ossia dell'idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge la sentenza impugnata, che, ex art. 395 n. 4 c.p.c., è richiamato dall'art. 391-bis c.p.c. per la revocazione delle sentenze della Cassazione" (da ultimo v. Cass. n. 25871 del 2017; in precedenza: Cass. n. 7413 del 2013)”.
Partendo da questi principi generali, e venendo ai motivi di revocazione dedotti nel caso di specie, la Cassazione ha escluso che possa integrare gli estremi dell’errore di fatto revocatorio l’aver ritenuto non prodotta una sentenza di merito pronunciata, tra le stesse parti, in un separato contenzioso. Da un lato, la disamina di tale sentenza non avrebbe avuto alcun effetto decisivo sull’esito del successivo giudizio, vertente su diversa questione. D’altro lato, l’errore revocatorio è errore di percezione di un fatto, ossia “un evento esterno al processo che deve essere rappresentato e ricostruito all’interno di questo come elemento di una fattispecie”. Una sentenza non è un fatto bensì un atto giuridico che non deve essere accerto, bensì semmai valutato. Analoghe considerazioni valgono in relazione al lamentato omesso esame degli atti processuali dei gradi di merito.
La sentenza ha, quindi, radicalmente escluso la qualificabilità come errore revocatorio con riferimento alla mancata ammissione di istanze di prova testimoniale. Ciò “per il noto principio … secondo cui il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 11457 del 2007; conformi: Cass. n. 4369 del 2009; Cass. n. 5377 del 2011)”.