Trib. Roma, 17 luglio 2018; ord.
Un lavoratore ha proposto un ricorso in via d’urgenza, sostenendo di essere stato assegnato a mansioni asseritamente dequalificanti e, su tale presupposto, ha chiesto la riassegnazione alle mansioni precedenti, nonché il risarcimento del preteso conseguente danno alla professionalità.
Il Tribunale ha respinto il ricorso, rilevando, sotto il profilo del fumus boni iuris, che - nel caso di specie - l’ipotetico demansionamento sarebbe durato soltanto circa due mesi (tenuto conto che, nel restando periodo, il dipendente si era assentato dal lavoro per malattia) e, in tale lasso temporale, il dipendente si era addirittura rifiutato di svolgere alcune delle attività proprie del nuovo ruolo assegnatogli.
In proposito, il Tribunale ha affermato che lo svolgimento, da parte del lavoratore, unicamente per un breve periodo, soltanto di alcune delle nuove mansioni che gli erano state assegnate impediva qualsiasi valutazione circa la lamentata dequalificazione.
Fermo restando quanto sopra, è stato altresì osservato che, nella fattispecie in esame, difettava anche il periculum in mora, poiché il preteso danno alla professionalità era stato dedotto solo genericamente e, in ogni caso, stante la sua natura patrimoniale, era sempre risarcibile per equivalente e, quindi, non giustificava il ricorso al procedimento ex art. 700 cod. proc. civ..