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Lo storno illecito di dipendenti: quando ricorre

Scritto da Marina Olgiati | 4 agosto 2021

di Marina Olgiati e Francesco Torniamenti

Trib. Milano 14 luglio 2021, n. 6137

Con una recente decisione, il Tribunale di Milano è tornato ad affrontare il tema dell’illecito storno di dipendenti, individuando in modo chiaro quali sono gli elementi che segnano il discrimen tra l’assunzione lecita di dipendenti provenienti da una società concorrente e quella illecita, che configura concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 cod. civ..

La vicenda ha riguardato una start up operante nel settore del Business Process Outsourcing, che aveva assunto una ventina di dipendenti provenienti da un’impresa concorrente di importanti dimensioni e ben radicata nel mercato di riferimento. Quest’ultima si era rivolta al Tribunale lamentando l’esistenza di un illecito storno di dipendenti, asserendo che la start up, attraverso le predette assunzioni, avrebbe   fruito del know how posseduto dai dipendenti stornati ed avrebbe, altresì, indebitamente acquisito alcuni suoi clienti, grazie alle conoscenze proprie dei medesimi ex dipendenti. Per tali ragioni, aveva chiesto che alla convenuta venisse inibito di proseguire nell’attività di storno e la condanna al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Milano ha respinto le domande, senza neppure dare ingresso all’istruttoria, avendo attentamente valutato che la prospettazione difensiva dell’attrice e la documentazione in atti portavano immediatamente ad escludere lo storno illecito, fattispecie questa che ricorre in presenza di specifiche circostanze. Precisamente, si versa in tale ipotesi quando i dipendenti passano da un’impresa concorrente ad un’altra i)in violazione della disciplina giuslavoristica” (ad esempio, senza rispettare i termini di preavviso o eventuali patti di non concorrenza), ii) con “modalità non fisiologiche” e con “caratteristiche non prevedibili”, in grado cioè di provocare “un effetto shock sull’ordinaria attività di offerta di beni o di servizi dell’impresa che subisce lo storno”, iii) in presenza del c.d. animus nocendi, ovvero dell’intenzione di danneggiare direttamente il concorrente. Quest’ultimo elemento si può presumere quando lo storno di dipendenti sia di intensità tale dal danneggiare l’organizzazione del concorrente mettendone a rischio la continuità aziendale.

Nel caso giudicato, è stato accertato che molti dipendenti assunti dalla convenuta avevano rassegnato le dimissioni dalla ex datrice di lavoro prestando regolarmente il periodo di preavviso ed in assenza di vincoli di non concorrenza. Altri dipendenti, invece, neppure si erano dimessi, ma avevano risolto il rapporto attraverso accordi di incentivazione all’esodo, nell’ambito di un’operazione di ridimensionamento degli organici aziendali attuata dalla stessa attrice, sicché, per tale ragione, essi nemmeno potevano essere conteggiati nel novero dei lavoratori “stornati”. Ancora, il passaggio dei dipendenti alla concorrente si era verificato nell’arco di un anno e mezzo (periodo significativamente lungo) e, in alcuni casi, si era verificato in occasione del subentro della convenuta all’attrice in contratti di appalto, che la prima si era aggiudicata attraverso regolari gare. Per escludere l’illecito rilevava anche il divario dimensionale tra le due imprese, che era talmente ampio (l’attrice impiegava un numero di dipendenti pari a dieci volte quello della convenuta) da far ritenere che il passaggio di qualche decina di dipendenti non potesse comportare, per l’impresa stornata, un rischio per la continuità aziendale.

In definitiva, con la pronuncia in epigrafe la corte milanese conferma il proprio orientamento volto ad “alzare la soglia” della rilevanza dell’illecito nel caso di storno di dipendenti e ad escluderlo in presenza di iniziative e scelte che costituiscono non altro che estrinsecazioni generali dei diritti di libertà economica. Si tratta di un approccio apprezzabile e condivisibile nel quadro degli artt. 41 e 36 della Costituzione, che tutelano la libertà di impresa e la libera circolazione del lavoro in un mercato che si muove in modo dinamico.