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Licenziamento giusto per il lavoratore “pizzicato” dagli investigatori alla gara cinofila mentre è assente per malattia

Scritto da Admin | 31 gennaio 2018

Licenziamento giusto per il lavoratore “pizzicato” dagli investigatori alla gara cinofila mentre è assente per malattia

(Trib. Busto Arsizio, 19 dicembre 2017, n. 4831, ord.)

Causa seguita da Marina Olgiati e Francesco Torniamenti

È legittimo il licenziamento del lavoratore che, mentre è assente dal lavoro per malattia, svolge attività incompatibili con la patologia che è causa dell’assenza. La sussistenza del fatto contestato e la sua idoneità a giustificare il licenziamento escludono, di per sé, il carattere ritorsivo o discriminatorio del recesso.

Con tale motivazione, il Tribunale di Busto Arsizio ha confermato il licenziamento di un lavoratore che, assentatosi dal lavoro per un’asserita patologia al rachide cervicale ed al ginocchio, era stato in seguito visto e ripreso dagli investigatori (incaricati dal datore di lavoro per monitorare il dipendente durante la malattia) mentre trasportava manualmente mobili nel corso di un trasloco e si dedicava ad attività ludiche, partecipando ad esposizioni canine durante le quali trascinava in corsa il proprio cane Pit Bull.

        Il Tribunale, innanzitutto, ha dato rilievo alla circostanza che le condotte contestate erano documentate dal rapporto investigativo e ha ritenuto detta prova idonea e sufficiente a dimostrare la sussistenza degli addebiti nella fase sommaria del rito Fornero.

        Ha poi valutato l’incompatibilità delle attività svolte dal ricorrente in rapporto alla lamentata patologia, uniformandosi all’orientamento della Cassazione, secondo cui lo svolgimento di attività lavorativa o ludica da parte del dipendente assente per malattia giustifica il recesso per violazione dei doveri di correttezza e buona fede, se sia idoneo a pregiudicare la guarigione o a ritardare il rientro in servizio del lavoratore o se possa far presumere la simulazione della malattia (cfr., da ultimo, Cass. 17 novembre 2017, n. 27333).

        Dunque, dal fatto che un dipendente in malattia svolga un’attività lavorativa o extra lavorativa non conciliabile con il suo stato di salute si può desumere o l’inesistenza della malattia o la negligenza del lavoratore che, scientemente, pone a rischio il suo recupero psico-fisico; ancora, l’esercizio dell’attività potrebbe essere valutato come indizio di recupero della salute e, quindi, di idoneità del lavoratore a rientrare in servizio. In tutte le ipotesi, è giustificato il licenziamento per giusta causa.

        Il provvedimento è interessante anche per un altro profilo: nel caso giudicato il ricorrente aveva sostenuto, oltre all’illegittimità, il carattere ritorsivo del licenziamento, per essere stato - a suo dire – un lavoratore “scomodo”, in quanto, nel corso del rapporto, aveva avanzato all’azienda una richiesta di risarcimento danni.

        Il Tribunale ha disatteso l’assunto, considerando che, poiché l’atto contestato si era effettivamente verificato, il licenziamento non poteva essere ritenuto nullo per motivo illecito, mancando il nesso di causalità esclusivo tra il denunciato intento ritorsivo ed il recesso.