A cura di Bonaventura Minutolo e Francesco Torniamenti
Trib. Catania, 28 luglio 2017, n. 2138
Due assicurati citavano in giudizio la compagnia di assicurazione lamentando l’illecita condotta dell’agente che avrebbe investito i capitali ricevuti dagli stessi per stipulare una pluralità di polizze (sui cui la sottoscrizione sarebbe stata falsificata) anziché un’unica polizza come nella loro intenzione. Gli attori, pertanto, chiedevano la condanna della compagnia, a titolo di responsabilità oggettiva ex art. ex art. 2049 c.c., alla restituzione dei premi versati ovvero, in subordine, l’annullamento dei contratti.
Il Tribunale, all’esito del giudizio, in accoglimento alle difese della compagnia, respingeva le domande attoree. In particolare, il Giudice riteneva che l’agente non si era appropriato delle somme ricevute dagli attori ma le aveva investite in regolari polizze assicurative. Nemmeno risultava provata l’allegazione per cui i capitali versati sarebbero stati versati in una pluralità di polizze anziché in una sola.
Il Tribunale respingeva poi la domanda di annullamento ritenendola rinunciata dagli attori che, infatti, non l’avevano riproposta nel foglio di precisazione delle conclusioni. Sul punto, il Tribunale affermava sussistere una presunzione di abbandono e/o rinuncia della domanda attorea formulata nell’atto introduttivo ma non riproposta nel foglio di PC. Tale presunzione non era ritenuta, dal Giudice, “superata” dal fatto che gli attori, nella memoria di replica alla conclusionale, avessero insistito sulla fondatezza della domanda di annullamento.
Tale orientamento rigoroso del Tribunale pare porsi in controtendenza con quanto affermato – anche di recente – dalla Cassazione per cui la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata, non autorizza alcuna presunzione di rinuncia tacita in capo a colui che ebbe originariamente a proporla, essendo necessario che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte possa desumersi inequivocabilmente il venir meno del relativo interesse (cfr. Cass. n. 25725/2014).