Causa seguita da Francesco Torniamenti
(Trib. Padova, decr., 7 luglio 2017, n. 4411)
L’impugnazione d’urgenza del contratto a termine è di per sé infondata – in quanto priva del requisito del periculum in mora - stante il fatto che la sentenza che viene emessa all’esito del giudizio ordinario ricostituisce il rapporto di lavoro con effetto retroattivo sin dalla stipulazione del contratto a tempo determinato; sicché l’instaurazione del giudizio di merito non può provocare, in capo al lavoratore, un pregiudizio irreparabile tale da giustificare il ricorso d’urgenza.
Così si è pronunciato il Tribunale di Padova, in un caso di successione di due contratti a termine, respingendo il giudizio cautelare ex art. 700 cod. proc. civ., promosso dal lavoratore nei confronti del datore e volto a far accertare, in via d’urgenza, la nullità del termine apposto al secondo contratto perché stipulato prima che fosse decorso, della conclusione del primo contratto, l’intervallo di tempo minimo previsto dall’art. 21 del D.lgs. n. 81/2015.
Tale decisione è stata motivata sulla base del fatto che la sentenza dichiarativa della nullità del termine apposto al contratto – ove emessa all’esito del giudizio ordinario - ricostituisce il rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dalla data di stipulazione del contratto a termine illegittimo e riconosce altresì, in favore
del lavoratore, un risarcimento del danno stabilito nell’indennità di cui all’art. 28 D.lgs. n. 81/2015. Di talché ogni danno e/o pregiudizio che il lavoratore dovesse subire in attesa della sentenza di merito troverebbe poi – in caso di accoglimento della domanda – completa riparazione.
In aggiunta a quanto sopra, il Tribunale ha escluso il requisito del periculum anche in considerazione del tempo trascorso prima che il lavoratore promuovesse il procedimento d’urgenza (3 mesi) specificando che, ai fini dell’esistenza del requisito in oggetto, non ha alcuna rilevanza lo stato di disoccupazione del ricorrente.
Con tale provvedimento il Tribunale riafferma il noto principio per cui il pregiudizio patrimoniale – in quanto danno riparabile - non può mai costituire di per sé periculum in mora tale da giustificare il ricorso al procedimento ex art. 700 cod. proc. civ., in analogia con quanto affermato in passato dalla giurisprudenza in caso di procedimenti cautelari promossi avverso ai licenziamenti.