causa seguita da Salvatore Trifirò, Tommaso Targa e Francesco Chiarelli
Tribunale di Milano, sentenza 6 luglio 2018
La sentenza in commento ha accolto il ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. di un’azienda che, contestando le prescrizioni del medico competente, ha chiesto di accertare l’idoneità del lavoratore a svolgere le mansioni al medesimo assegnate.
La sentenza ha premesso che il datore di lavoro è legittimato a contestare i contenuti del giudizio di idoneità alle mansioni formulato dal medico competente o, in seconda istanza, dalla commissione medica presso la ATS. In particolare, può mettere in discussione l’effettiva necessità di rispettare talune prescrizioni impartite dal medico, alla luce dello stato di salute del dipendente, noto al datore, delle modalità con cui si svolgono le sue mansioni e della complessiva organizzazione aziendale.
Secondo la sentenza in commento, quindi, “ove il datore di lavoro non condivida la valutazione medica, può chiedere chiarimenti al medico competente, può avvalersi del ricorso di cui all'art. 41, comma 9, D.lgs. 81/2008 od anche delle visite di cui all'art. 5, comma 3, legge 300/1970 o, ancora, promuovere specifica azione giudiziale di accertamento”.
Da quanto sopra, discende l’ammissibilità del ricorso, promosso dall’azienda, e l’infondatezza delle eccezioni processuali sollevate dal lavoratore di inammissibilità o improcedibilità, come del resto quella di difetto di legittimazione passiva del medesimo lavoratore, essendo egli controinteressato.
Quale ulteriore corollario, il giudizio promosso innanzi al giudice del lavoro non vede come litisconsorte necessario il medico competente o la commissione di seconda istanza che ha emesso il giudizio di idoneità: il contenuto delle mansioni assegnate al dipendente, e il rispetto della sua salute, sono questioni che attengono al rapporto di lavoro e al rispetto delle reciproche obbligazioni dallo stesso discendenti.
Men che meno, può ritenersi sussistente un difetto di giurisdizione del giudice del lavoro, a favore del Tar. Il giudizio di idoneità ha un contenuto esclusivamente tecnico e non comporta esercizio di poteri di impero, tipici dell’attività amministrativa in cui al potere della PA corrisponde l’interesse legittimo, azionabile innanzi alla relativa autorità giurisdizionale.
Nel caso di specie, il medico competente aveva ritenuto il lavoratore idoneo alle mansioni disponendo talune limitazioni relative ad attività precluse al dipendente. La commissione di seconda istanza, su ricorso del lavoratore, aveva confermato tali prescrizioni, aggiungendone una relativa all’orario di lavoro: aveva previsto che al dipendente non potessero essere assegnati turni e che le mansioni dovessero necessariamente essere svolte di mattina.
L’azienda ha ritenuto che quest’ultima prescrizione non fosse necessaria a garantire la salute del dipendente, bensì plausibilmente funzionale ad esigenze personali di quest’ultimo, estranee ai suoi problemi di salute. Si è quindi rivolta al giudice del lavoro contestando la disposizione della commissione di seconda istanza e la relativa prescrizione da quest’ultima disposta.
Nell’ambito del giudizio, sono state disposte ben due CTU mediche, la prima assegnata a un medico legale e la seconda ad uno specialista. Entrambe hanno escluso che le problematiche di salute del lavoratore richiedano lo svolgimento delle sue mansioni necessariamente in una fascia oraria prestabilita, ovvero solo al mattino.
Il giudice del lavoro, con la sentenza in commento, ha quindi accertato che il lavoratore è idoneo allo svolgimento delle mansioni di assegnazione, ferme le attività al medesimo inibite dal giudizio del medico competente, senza obbligo di rispettare una particolare fascia oraria.
La sentenza, inevitabilmente, imporrà al medico competente di adeguare il proprio giudizio di idoneità a quanto accertato in giudizio mediante CTU.