A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella
Con sentenza n. 6896 del 20 marzo 2018 la Suprema Corte ha esaminato una fattispecie di licenziamento comminato a un lavoratore che si rifiutava sistematicamente di recarsi in trasferta, adducendo problemi di salute. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei Giudici di merito, rilevando che la disponibilità alla trasferta costituiva elemento essenziale della prestazione lavorativa, di cui il lavoratore era a conoscenza sin dall’assunzione; inoltre, nel corso del giudizio, è emerso che le condizioni fisiche del lavoratore non risultavano talmente gravi da impedirgli di allontanarsi dalla famiglia per la durata della trasferta. In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che, correttamente, la Corte di merito non aveva posto a fondamento della decisione la violazione dell’obbligo di recarsi in trasferta, quanto, piuttosto, “l’ingiustificatezza di un rifiuto sistematico e pervicace delle trasferte che avevano formato oggetto di specifica previsione nel contratto individuale”.