A cura di Vittorio Provera
Molte importanti imprese operanti nei diversi settori dell’economia aderiscono all’ Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), un’associazione costituita oltre 20 anni fa, il cui obiettivo è di garantire che la comunicazione commerciale sia onesta, veritiera e corretta. Lo IAP ha quindi dato vita ad un Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, via via aggiornato, che detta una serie di principi e regole a cui devono uniformarsi le aziende aderenti all’Associazione nello svolgimento dell'attività di comunicazione commerciale. I punti di forza di tale sistema di autodisciplina vanno individuati, innanzitutto, nella volontaria accettazione del Codice ad opera delle aziende, che rende le norme sì vincolanti, ma anche condivise e volute; nonchè nella previsione di un vero e proprio organo giudicante, idoneo ad emanare con celerità pronunce vincolanti. Infatti, tra gli organismi dello IAP vi sono il Comitato di controllo, che ha funzione autodisciplinare, con possibilità di richiedere il blocco immediato di un messaggio in caso di manifesto contrasto con il Codice (ingiunzione di desistenza); ed il Giurì (per i casi che necessitano di una valutazione più accurata), che costituisce un vero e proprio organo decisorio, che deve valutare la conformità o meno del messaggio pubblicitario al Codice, su domanda del Comitato o delle aziende. Se il messaggio viene ritenuto in contrasto con le norme del Codice, il Giurì ne ordina la cessazione. Sia le ingiunzioni di desistenza del Comitato di Controllo, sia le decisioni del Giurì hanno carattere vincolante e vengono pubblicate sul sito dell’Istituto.
In tale contesto, si deve registrare un sempre maggior interessamento della IAP a quelle forme di comunicazione commerciali che avvengono tramite video, messaggi postati sui social network, contenuti pubblicati su blog o siti internet e che sono fruite dagli utenti tramite smartphone, tablet e pc, in sintesi la cd comunicazione commerciale digitale.
Al riguardo lo IAP si è dotato della cd Digital Chart, con l’obiettivo di
svolgere una ricognizione delle più diffuse forme di comunicazione commerciale nella rete e nel mondo digitale in genere e di stabilire, per le aziende aderenti, i criteri da utilizzare al fine di rendere “riconoscibile” la comunicazione commerciale, come previsto dall’articolo 7 del Codice di Autodisciplina; ai sensi del quale “nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti”.
In particolare, si è rivelata essere potenzialmente suscettibile di ledere tale principio l’attività di “endorsement”, ossia una forma di accreditamento di un prodotto o di un brand, da parte di personaggi celebri e da chi abbia acquisito visibilità e credibilità verso il pubblico, per le sue competenze in un certo campo, che comporti un vantaggio per la diffusione e la reputazione di un prodotto.
Tali soggetti sono definiti “influencer marketing”, proprio perché hanno la capacità di influenzare i consumatori nella scelta di un articolo o nel giudizio su un brand. In punto, le regole del Codice impongono che - nei casi in cui l’attività di endorsement realizzi una forma di comunicazione commerciale (per esempio quando venga stipulato un accordo tra l’influencer e l’inserzionista per la promozione di un prodotto ) – si debbano applicare tutte le disposizioni del Codice di Autodisciplina ed il carattere pubblicitario dell’opinione espressa on line deve essere chiaramente resa riconoscibile; distinguendosi dalle mera considerazione personale espressa dall’influencer/blogger. A tale scopo, per rendere esplicita la finalità promozionale del contenuto espresso sui siti internet o sui social media, esso andrà accompagnato (in via esemplificativa) dalla dicitura “sponsorizzato da…”; “in collaborazione con…”; “pubblicità”; “promosso da…”.
In tema, si segnalano tre provvedimenti del Comitato di Controllo dello IAP, che ha accertato talune violazioni dell’art. 7 del Codice di Autodisciplina.
Con l’ingiunzione emessa il 31 maggio 2018 n. 50, è stata dichiarata la manifesta contrarietà al citato art. 7 di comunicazioni commerciali relative ad un importante brand di prodotti per capelli.
Si trattava di messaggi postati su un social network, in cui erano raffigurati una nota blogger, mentre mostrava i propri capelli ed un cartello contenente una scritta con il nome del marchio e l’espressione “scintille di luce”.
Il semplice richiamo al sito internet della casa produttrice, tramite link e gli hashtag utilizzati, riproducenti il marchio, non sono stati ritenuti idonei a consentire l’immediata riconoscibilità della natura promozionale e commerciale delle predette comunicazioni, con violazione, quindi, dell’art. 7 Codice
Analogamente si è pronunciato il Comitato in altra vicenda, in cui ha emesso un’ingiunzione di desistenza (n. 51 del 31 maggio 2018). Si trattava di un messaggio - anch’esso postato su un social network - che mostrava una illustrazione di una artista dedicata ad una candela profumata, realizzata da un noto brand di prodotti di design, il tutto accompagnato da un post in cui si affermava: “La luna profumata. Quell’ora della sera quando sorge la luna, ma il sole non è ancora tramontato. In quel momento, tutti i profumi del sottobosco vengono fuori e una poesia di note di incenso, vaniglia e legno ti culla come una ninna nanna Un’altra delle illustrazioni ispirate da ……… (seguiva poi semplicemente un hashtag con il nome dell’azienda)”. La finalità di comunicazione meramente promozionale del prodotto e del brand indicato è stata ritenuta non sufficientemente evidenziata e non immediatamente riconoscibile dal pubblico, in quanto gli hashtag utilizzati (in cui era menzionato solo il nome del marchio) non consentivano di identificare agevolmente il contenuto del messaggio come frutto di un accordo commerciale tra l’illustratrice e l’azienda titolare del brand.
Altra ingiunzione di desistenza (n. 60 del 14 giugno 2018) emessa dal predetto organo dello IAP, ha riguardato una conosciutissima Azienda produttrice di profumi, make-up, gioielleria, abbigliamento e accessori per uomo e donna.
Anche in questo caso si trattava di messaggi postati tramite un social network, in cui la protagonista/influencer veniva raffigurata, tenendo in mano un profumo, provando trucchi o indicando oggetti del marchio in questione. A dire del Comitato, il carattere promozionale non era stato correttamente e chiaramente evidenziato, non potendosi desumere semplicemente dagli hashtag, riproducenti il nome del brand e dal link che rinviava al sito dell’azienda produttrice.
Elemento comune a tutte e tre le ingiunzioni esaminate è, dunque, la necessità della rigorosa osservanza della prescrizione secondo la quale ogni singolo messaggio deve rispettare il principio di riconoscibilità della comunicazione commerciale; principio strettamente connesso a quello di trasparenza della pubblicità, che mira ad assicurare la distinzione, non solo formale ma anche sostanziale, tra contenuti promozionali e contenuti di altro genere. Tale esigenza diviene ancora più rilevante allorché si opera nel mondo della comunicazione digitale, in cui maggiore è il rischio di elusione delle regole, stante le svariate modalità di realizzazione delle comunicazioni, la rapidissima diffusione dei messaggi e le notevoli difficoltà di controllo e monitoraggio del web.