di Mariapaola Rovetta
In un momento storico come quello attuale, sappiamo che lo scenario in termini di occupazione, a causa degli effetti della pandemia, non sono tra i più rosei, ma ciò non vale per tutti i settori, se si considera il fatto che i cambiamenti in atto hanno portato anche alla nascita di nuove figure da inserire nel mondo del lavoro.
Tra queste quella del Mobility Manager che è una figura nata in realtà oltre vent’anni fa, a seguito degli Accordi di Kyoto del 1997, con il Decreto Ministeriale del 27 marzo 1998, dedicato alle norme in materia di “Mobilità sostenibile nelle aree urbane”. Lo scopo, all’epoca, era quello della riduzione delle emissioni inquinanti. La normativa, però, prevedeva l’inserimento del Mobility Manager negli enti pubblici con più di 300 dipendenti e nelle aziende con almeno 800 risorse e solo in alcune aree individuate quali zone a rischio inquinamento atmosferico.
La novità oggi consiste nel fatto che con il D. L. n. 34/2020, convertito nella Legge n. 77/2020, per le Imprese e Pubblica Amministrazione, la figura del Mobility Manager è diventata obbligatoria per tutte le aziende con unità con più di 100 dipendenti site in capoluoghi di provincia, aree metropolitane, comuni con più di 50 mila abitanti e sarà colui che dovrà occuparsi principalmente dell’organizzazione del Piano Spostamenti Casa / Lavoro dei dipendenti (PSCL). Tutte le aziende che si trovano nelle condizioni di cui sopra hanno l’obbligo di nominare il Mobility Manager entro il 31 dicembre di ogni anno.
Lo scopo ora è quello di ottimizzare gli spostamenti dei dipendenti stessi e di ridurre l’impatto ambientale attraverso un’organizzazione che comporti la riduzione dell’auto privata, la possibilità di evitare il traffico durante le ore di punta e l’alternanza tra giornate di lavoro in presenza e giornate in smart working. Naturalmente, il Mobility Manager deve procedere attraverso un’analisi delle zone in cui sono siti i luoghi di lavoro, dell’accessibilità dei luoghi di lavoro stessi, della possibilità per i dipendenti di evitare l’uso dell’auto privata, sfruttando, in alternativa, i mezzi pubblici o la bicicletta o la possibilità di condivisione dell’auto con i colleghi, delle esigenze anche personali delle risorse, il tutto confrontandolo con le problematiche oggettive connesse al territorio. Tra gli strumenti che il Mobility Manager può adottare vi è anche la possibilità, in alternativa allo smart working, di modificare, ove possibile, gli orari dei dipendenti, rendendo più flessibili i turni di lavoro e creare occasioni per sollecitare un diverso approccio dei dipendenti riguardo la mobilità.
Per poter svolgere le mansioni di Mobility Manager non è richiesta la frequentazione di un corso di laurea, essendo sufficiente un corso di formazione ad hoc, affinchè lo stesso sia però in possesso anche di tutte quelle conoscenze e competenze tecniche specifiche. Trattasi, peraltro, riagganciandoci a quanto detto all’inizio, di una di quelle figure, la cui richiesta, soprattutto ora, con la fine, si ribadisce, (e speriamo) della pandemia, è aumentata.