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Decreto Trasparenza: luci e ombre anche dopo la circolare del Ministero

Scritto da Damiana Lesce | 3 ottobre 2022

(a cura di Damiana Lesce e Marina Tona)

Il Decreto legislativo 27 giugno 2022, n 104, più noto come Decreto Trasparenza, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022 ed entrato in vigore il successivo 13 agosto,  dando attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, ha riscritto le regole sulle modalità di redazione dei contratti di lavoro.

Appena prima dell’entrata in vigore del decreto, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto con una prima circolare, la n. 4 del 10 agosto 2022, per fornire “le prime indicazioni con specifico riferimento al trattamento sanzionatorio connesso ai nuovi obblighi”, rimandando ad una successiva circolare – che non è stata ancora pubblicata - le istruzioni di dettaglio sui vari istituti sui quali è intervenuto il decreto.

Successivamente, anche il Ministero del lavoro ha prodotto una sua Circolare, la n. 19 del 20 settembre 2022, al fine di fornire “le prime indicazioni interpretative “in merito ai dati da trasmettere ai lavoratori, all’atto dell’instaurazione del rapporto e sulle innovazioni più rilevanti.

Uno dei temi più delicati della normativa attiene alla possibilità per il datore di lavoro di fornire l’informativa ai lavoratori mediante il rimando al Contratto Collettivo, modalità che la stessa Direttiva comunitaria prevede espressamente, e in quali termini.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella richiamata circolare ha precisato che “fermo restando che con la consegna del contratto individuale di lavoro o di copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve essere già informato sui principali contenuti degli istituti di cui all’art. 1 (ad es. orario di lavoro giornaliero per n. giorni alla settimana; importo retribuzione mensile per numero delle mensilità, ecc.), la relativa disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali qualora gli stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale”.

Il Ministero è tornato sul tema fornendo una interpretazione più rigida delle nuove regole in materia di trasparenza dei rapporti di lavoro. La Circolare ministeriale dopo aver sottolineato che “l’intervento normativo eurounitario si inserisce in un orientamento, ormai consolidato, volto ad innalzare i livelli di tutela dei lavoratori”, “mediante la previsione di una dettagliata serie di informazioni che devono essere rese al lavoratore al momento dell’instaurazione del rapporto, in maniera tale che quest’ultimo sia informato dei diritti e doveri che ne conseguono in relazione agli aspetti principali del contratto”, ha precisato che l’obbligo informativo non si può assolvere con l’astratto richiamo delle norme di legge e di contratto che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, ma deve essere adempiuto attraverso la comunicazione di come i vari istituti in concreto si atteggiano anche attraverso il richiamo al CCNL che sembra potere assumere rilievo al fine di integrare ulteriormente e chiarire quanto è stato prima dettagliato in concreto.

Un altro tema sensibile è quello afferente agli obblighi informativi in caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati di cui all’articolo 1-bis del Decreto, il quale – lo si ricorda – impone obblighi informativi anche nei confronti del Sindacato.

Dopo aver indicato, a titolo di esempio, un solo caso per il quale la disciplina di cui all’art. 1-bis non si applica, vale a dire i sistemi automatizzati deputati alla rilevazione delle presenze in ingresso e in uscita, cui non consegua un’attività interamente automatizzata “finalizzata ad una decisione datoriale”, la Circolare del Ministero prima afferma che si può ritenere che per “sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati” si intendono quegli strumenti che, attraverso l’attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite algoritmo, intelligenza artificiale, ecc., siano in grado di generare decisioni automatizzate per poi aggiungere “nell’ipotesi descritta, l’obbligo dell’informativa sussiste anche nel caso di intervento umano meramente accessorio”.

La Circolare, avendo riguardo alle diverse possibili interpretazioni a tutt’oggi offerte dagli interpreti, non ha, quindi, risolto i dubbi.

Ragionevolmente, si può ritenere che nei sistemi automatizzati per i quali il Decreto richiede una specifica informazione non sono ricompresi genericamente tutti gli strumenti informatici utilizzati dall’azienda o dal lavoratore ma quelli che abbiano particolari caratteristiche, vale dire quei sistemi che si avvalgano di algoritmi e automatismi e che siano deputati alle finalità previste dalla norma, ovvero fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Vi sono poi ulteriori temi interpretativi ed applicativi relativi ad altre previsioni del Decreto che restano ancora aperti.

Mentre, ad esempio, in tema di congedi, sono stati chiariti i dubbi che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro non aveva sciolto, circa il fatto che si devono considerare solo quelli retribuiti ed “espressamente qualificati dal legislatore come congedo”, e che tra gli elementi della retribuzione da specificare non rientra l’importo degli elementi variabili della retribuzione pur essendo il datore di lavoro tenuto ad indicare, precisa il Ministero, “sulla scorta di quanto previsto da specifiche previsioni di contratto collettivo soggettivamente applicabili al rapporto – in base a quali criteri tali elementi variabili saranno riconosciuti e corrisposti”, resta ancora di dubbia interpretazione la questione su come devono essere fornite le informazioni relative all’orario di lavoro, in particolare in presenza di un’organizzazione del lavoro articolata su turni variabili.

Innanzi tutto, le circolari intervenute non hanno ancora chiarito la differenza tra orario di lavoro prevedibile (art. 1, lett. o) D. Lgs. n. 152/1997 così come modificato dal D Lgs. n. 104/2022) e non prevedibile (art. 1, lett. p) dello stesso decreto), ipotesi quest’ultima che dovrebbe riferirsi, anche alla luce del collegamento operato con l’art. 9 del medesimo decreto, a rapporti contrattuali diversi dal rapporto di lavoro subordinato (ed infatti, il Ministero nella circolare richiama i contratti di co.co.co. ed etero organizzati) e quando ricorre l’uno e quando l’altro.

Distinzione che assume rilievo in quando cambiano le informazioni da fornire. In caso di contratto con orario in tutto o in gran parte prevedibile, il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore una serie di informazioni tra le quali la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno.

Rispetto a tali condizioni il Ministero si limita a precisare, in termini tutt’latro che chiari ed univoci che le informazioni devono riguardare “più che la generale disciplina legale, soprattutto i riferimenti al contratto collettivo nazionale e agli eventuali accordi aziendali che regolano il tema dell’orario nel luogo di lavoro. Nello specifico, le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell’orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione”.

Neppure l’ipotesi di lavoro su turni appare disciplinata in modo inequivocabile soprattutto per le ipotesi di turnazioni mutevoli nel medio/lungo periodo in ragione dell’organizzazione del lavoro.

Il rispetto degli obblighi informativi previsti dal Decreto richiede, quindi, una interpretazione e conseguente applicazione attenta e particolareggiata al fine di non incorrere nelle sanzioni che la stessa legge prevede in caso di mancata o non puntuale assolvimento degli obblighi di informativa.