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Assenza ingiustificata (quindi giusta causa di licenziamento) se il dipendente oppone un inadempimento datoriale di scarsa importanza

Scritto da Admin | 27 settembre 2017

Assenza ingiustificata (quindi giusta causa di licenziamento) se il dipendente oppone un inadempimento datoriale di scarsa importanza

Causa seguita da Tommaso Targa e Giuseppe Sacco

(Tribunale di Savona, Decreto 6 marzo 2017)

In ipotesi di licenziamento per assenza ingiustificata, incombe sul datore di lavoro unicamente l'onere di dimostrare l'effettiva durata dell'assenza. Qualora, per parte sua, il lavoratore affermi di essersi volontariamente rifiutato di prestare servizio, in ragione di un preteso comportamento illegittimo dell'azienda, quest'ultimo deve dimostrare - in base ai principi generali ex art. 1460 cc e 1375 cc (buona fede oggettiva) - sia l'inadempimento del datore di lavoro, sia la gravità di tale comportamento e la conseguente proporzionalità della reazione del medesimo dipendente.

Nel caso di specie, il lavoratore licenziato si è rifiutato di prendere servizio nella sede di destinazione ove era stato trasferito, contestando la legittimità del  trasferimento, pur essendo pacifico che la sede di provenienza era temporaneamente chiusa perché in fase di ristrutturazione. Ha asserito che, nell'ambito di accordi quadro raggiunti con gli enti locali competenti per territorio, l'azienda si sarebbe impegnata ad effettuare i lavori di ristrutturazione e riaprire la sede entro un termine che poi non è stato rispettato, per ragioni asseritamente imputabili alla inerzia, o comunque alla eccessiva lentezza, dell'azienda stessa. Il decreto in commento ha anzitutto escluso che, vista l'obiettiva impossibilità dell'azienda di mantenere in servizio il lavoratore nella sede di provenienza, si possa ritenere la sussistenza di un motivo illecito pretesamente sottostante al trasferimento e al successivo licenziamento. Il decreto ha poi aggiunto che, sebbene gli accordi quadro indicassero una data auspicabile di conclusione dei lavori di ristrutturazione della sede, essi non erano vincolanti nei confronti dei lavoratori coinvolti, trattandosi di protocolli diintesa di natura programmatica.

Il decreto ha, quindi, rilevato che la reazione del dipendente, rifiutatosi di prendere servizio nella sede di destinazione, non è proporzionata
ai pretesi inadempimenti imputati al datore di lavoro. Sicuramente non è proporzionata alla pretesa violazione del termine di preavviso previsto dal C.C.N.L. di categoria in ipotesi di trasferimento. E ciò perché, sebbene il trasferimento non sia stato anticipato formalmente con preavviso ai singoli lavoratori coinvolti, l'azienda ha posto in essere una procedura di informativa sindacale, nell'ambito della quale ha anticipato alle RSU l'imminente trasferimento di tutti lavoratori della sede di provenienza. Di conseguenza, anche a ritenere che il datore di lavoro fosse incorso in una violazione formale del C.C.N.L. di categoria, si tratterebbe senz'altro di un inadempimento lieve che non giustifica la sproporzionata reazione del dipendente.

Dal punto di vista fattuale, l'istruttoria non ha dimostrato alcuna grave inerzia dell'azienda nella gestione dei lavori di ristrutturazione: lavori la cui durata si è protratta oltre la data prevista per la loro complessità ed anche per fatto imputabile agli enti locali preposti a concedere le necessarie autorizzazioni edilizie.