Tribunale di Milano, 8 giugno 2017, n. 1101
Causa seguita da Marina Olgiati e Sara Lovecchio
La vicenda decisa dalla sentenza in epigrafe riguarda un caso di impugnazione di un contratto a termine, rispetto al quale, nell’ambito di diversi giudizi, sono state emesse decisioni di segno contrastante.
Infatti, una prima decisione del Tribunale aveva accertato la nullità del termine, disposto la riammissione in servizio di una dipendente e condannato la società datrice al pagamento delle retribuzioni dalla data di messa in mora; la sentenza d’appello aveva però riformato la pronuncia di primo grado e, in conseguenza di ciò, la dipendente, riammessa effettivamente in servizio, era stata estromessa dall’azienda.
Successivamente, la lavoratrice era stata di nuovo reintegrata, in quanto la Cassazione aveva accolto il suo ricorso e rinviato per il prosieguo alla Corte d’appello, che, a sua volta, aveva parzialmente riformato la sentenza del Tribunale, confermando la riammissione in servizio, ma stabilendo il risarcimento del danno nell’indennità di cui all’art. 32 della L. n. 183/2010, nel frattempo sopravvenuto.
Sulla base della seconda sentenza d’appello, la lavoratrice ha proposto avanti al Tribunale il giudizio deciso dalla sentenza in esame, nell’ambito del quale ha sostenuto di avere diritto al risarcimento del danno, a suo dire consistente nelle retribuzioni non percepite dalla data della prima sentenza d’appello alla data della seconda sentenza d’appello.
La società, costituendosi, ha eccepito che il preteso danno era, in realtà, da ritenersi interamente coperto dall’indennità – omnicomprensiva - ex art. 32 citato. E tale prospettazione è stata accolta dal Tribunale, che ha respinto la tesi della dipendente, secondo cui il danno forfettizzato dall’indennità ex art. 32 coprirebbe solo il periodo che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto (nel caso di specie, il periodo durante il quale si è svolto il primo giudizio avanti al Tribunale). Infatti - secondo la pronuncia in commento - la prima decisione del Tribunale era venuta meno in quanto sostituita da ben due decisioni di secondo grado e la conversione del rapporto di lavoro era avvenuta proprio in forza dell’ultima sentenza d’appello. Del resto, tale conclusione è coerente con la volontà del legislatore, quale espressa nell’art. 32, che è quella di forfettizzare il danno patito dal lavoratore per effetto della nullità del termine, escludendo il diritto alle retribuzioni nel periodo intercorrente tra l’impugnazione del termine e la pronuncia giudiziale.