A cura di Vittorio Provera
La pozione degli amministratori di società per azioni controllate da Enti Pubblici assume un carattere di peculiarità, anche in relazione alla possibilità - concessa a tale categoria di soci - di revocarli in forza di quanto stabilito dall’art. 50, commi 8 e 9 del Decreto Legislativo 267/2000 (Testo Unico delle leggi sull’ ordinamento degli Enti Locali).
Tale norma conferisce al Sindaco il potere di revocare i rappresentanti designati dal Comune presso le Aziende di cui possiede quote di partecipazione e ciò entro il termine di 45 giorni dall’insediamento dal nuovo incarico di Sindaco.
In aggiunta, l’art. 2449 c.c. prevede che, nel caso di società di capitali partecipate dallo Stato o da Enti Pubblici ( che non fanno ricorso al capitale di rischio) , lo statuto può conferire a questi soci la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci proporzionale alla partecipazione capitale sociale. In tale eventualità, i medesimi possono essere revocati solo dall’Ente che li ha nominati.
Il quadro normativo sommariamente indicato ( correlato da altre norme del codice civile inerenti la disciplina delle società di capitali, fra cui l’art. 2383 c.c. sulla revoca degli amministratori ) è stato il riferimento principale per una recente sentenza della Corte di Appello di Milano ( del 5 aprile 2016 n. 1299), riguardante l’avvenuta revoca da parte del Sindaco del Comune di Milano degli amministratori di una Società di ristorazione (partecipata al 99% dal Comune e per il restante 1% da altra Società controllata dal Comune di Milano).
La revoca era stata motivata, sostanzialmente, con l’applicazione delle disposizioni di legge e di statuto concernenti il cosiddetto spoils system, che attribuisce, appunto, la facoltà all’Ente Pubblico – socio pressoché totalitario della S.p.A. - di sostituire i membri del Consiglio di Amministrazione nominati dalla precedente Giunta (rectius Sindaco).
Nella vertenza, i Consiglieri rimossi hanno poi agito nei confronti della Società e dello stesso Comune, lamentando l’assenza di una giusta causa di revoca e, pertanto, chiedendo il riconoscimento del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2383, comma 3° c.c.. Peraltro, gli stessi amministratori avevano promosso ulteriore causa avanti al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, allegando un’asserita illegittimità amministrativa del provvedimento di revoca del Comune.
In punto, il TAR ha confermato la validità del provvedimento. Tuttavia il Tribunale ordinario (nell’ambito del contenzioso riguardante la richiesta di risarcimento danni per revoca senza giusta causa) accoglieva le domande degli attori, condannando la Società a risarcire il pregiudizio corrispondente ai compensi che sarebbero maturati sino alla cessazione dell’incarico per scadenza naturale.
Proposto appello dalla società soccombente la Corte, con la sentenza in esame, ha sostanzialmente confermato l’esistenza di responsabilità per revoca senza giusta causa determinata dall’applicazione del cd spoils system, mutando l’orientamento rispetto ad una precedente decisione della stessa Corte del 5 maggio 2010 ( in Le Società, 2001, p. 262 e segg.) . In quella occasione, infatti, i Giudici avevano statuito che nelle cd. società pubbliche - a fronte della normativa specifica sopra citata - viene “elevata ex se a giusta causa” la revoca (a seguito di mutamento della maggioranza politica) dell’amministratore ad opera dell’Ente che lo aveva nominato; escludendo in tal modo pretese risarcitorie.
Nella pronuncia n. 1299 del 2016 ( qui in esame) si è giunti a conclusioni opposte e l’ articolata motivazione può essere così sintetizzata. Innanzitutto - ribadito che le società di capitali partecipate da Enti Pubblici (salvo espresse deroghe non presenti nel caso di specie) sono soggette alla disciplina del codice civile in materia di società di capitali – si è affermato che , nell’azione promossa dagli amministratori per riconoscere l’inesistenza di giusta causa, vi può essere legittimazione processuale anche verso il socio di maggioranza (nella specie il Comune).
Tuttavia la titolarità passiva del rapporto sostanziale e, quindi, dell’eventuale obbligazione risarcitoria resta in capo alla Società partecipata, “in virtù del rapporto di immedesimazione organica con i suoi organi” ed a prescindere dalle modalità della nomina. E ancora, si è statuito che la valutazione fatta dal Tribunale Amministrativo Regionale circa la legittimità del provvedimento amministrativo di revoca, non ha alcuna influenza in ordine all’applicazione della disciplina codicistica ed in particolare delle disposizioni dell’art. 2383, comma 3° c.c. sul diritto al risarcimento del danno nel caso di revoca senza giusta causa.
Entrando nel merito, l’interpretazione della Corte - sull’ art. 50 comma 8 e 9 del D. Legislativo 267/2000 correlato anche al contenuto dell’art. 2449 c.c. ( che legittimerebbero lo spoils system) – si basa sull’assunto che tali norme non possono determinare un totale stravolgimento e superamento dei principi generali in forza dei quali, in materia societaria, è sostanzialmente garantita una aspettativa in capo all’amministratore nominato di portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge o dalla delibera di nomina , le funzioni conferite nell’interesse della Società.
In altre parole, il meccanismo dello spoils system applicato ad una S.p.A. di diritto privato non potrebbe legittimare “un alto grado di interferenza politica in attività di gestione, sì da annientare ogni presupposto di competenza e di indipendenza gestionale degli amministratori rispetto a chi li ha nominati.”
Nella fattispecie portata all’attenzione dei Giudici, il provvedimento di revoca era sostanzialmente motivato dalla necessità di avere “nuovi amministratori più vicini all’indirizzo politico e amministrativo del nuovo Consiglio Comunale”. Ma nel medesimo non erano state fornite indicazioni specifiche circa le ragioni poste a base della perdita di fiducia negli amministratori correlate a negative condotte e/o loro risultati ; neppure in relazione ad una loro incapacità di mutare l’indirizzo gestionale sino ad allora mantenuto ed eventualmente ritenuto poco soddisfacente sul piano degli obbiettivi perseguiti dall’Ente pubblico.
Per tali ragioni la Corte di Appello ha valutato la rimozione come non supportata da una giusta causa, né soggettiva né oggettiva, poiché non ”non sono esplicitati i fatti sopravvenuti, idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto”.
Da qui il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.
Secondo taluni commentatori la statuizione della Corte non avrebbe, tuttavia, dato corretto rilievo alla circostanza che la partecipazione di un Ente pubblico in una S.P.A. non è finalizzato a realizzare un interesse meramente lucrativo. Infatti, anche per previsione di legge, la partecipazione deve costituire uno strumento per consentire a tale socio di perseguire proprie finalità istituzionali.
A fronte di ciò, i membri di un C.d.A. designati dall’Ente medesimo, si farebbero interpreti dell’azione amministrativa dello stesso. In questo modo si darebbe rilievo al cd. rapporto di “Agency” tra Ente pubblico e amministratori della partecipata. Pertanto, un eventuale successivo mutamento del contesto politico istituzionale ( insediamento di nuovo Sindaco e Giunta) legittimerebbe l’applicazione dello spoils system , integrando una sorta di giusta causa di revoca conseguente al cambiamento di indirizzo dell’Ente dominante ( alle stregua di quanto ritenuto dalla stessa Corte milanese nella pronuncia del 2010).
Dalle considerazioni che precedono emerge che la materia è sicuramente dibattuta, anche tenendo presente che si opera in un terreno, quello delle Società private a prevalenza di capitale pubblico, ove coesistono discipline a cavallo tra diritto privato e diritto pubblico, con non poche interferenze e ambiguità.
Ci si augura, pertanto, che si pervenga ad un giusto contemperamento di interessi, così da garantire a tutti i soggetti coinvolti un quadro di relativa certezza giuridica e comportamentale.